Le carcasse dei cinghiali abbattuti nel territorio regionale possono essere destinate all’autoconsumo: anche i controllori, cioè gli operatori autorizzati al prelievo del cinghiale nell’ambito del piano regionale di controllo e di eradicazione, sono autorizzati al pari dei cacciatori a gestire in proprio la carcassa, senza obbligo di conferirla ai macelli autorizzati e di affrontare i relativi oneri per l’ispezione veterinaria.
A chiarire la parificazione di trattamento tra prede dei cacciatori e capi abbattuti nelle azioni di controllo è la Direzione Prevenzione, Sicurezza Alimentare e Veterinaria della Regione Veneto, interpellata dalle associazioni di categoria e dall’Ulss 2 Marca Trevigiana. Un chiarimento che anticipa le nuove linee guida in materia di selvaggina selvatica presentate dal Ministero della Salute lo scorso anno. La Regione, quindi, attraverso le Direzioni Veterinaria e Agroambiente, informano rispettivamente le ULSS, le Polizie provinciali, le associazioni venatorie e le due Unità organizzative Alpina e Litoranea che “il cacciatore che abbia abbattuto un cinghiale nell’ambito del ‘piano di gestione e controllo’ può utilizzarne la carcassa per l’autoconsumo, senza transitare per un macello autorizzato“.
La precisazione dell’autorità di sicurezza alimentare della Regione Veneto rappresenta un intervento puntuale, utile e coerente – commenta l’assessore regionale all’Agricoltura e alla Caccia – che può finalmente agevolare, se non addirittura incentivare, il lavoro dei controllori. Se le diverse modalità di gestione delle carcasse tra cacciatori e controllori erano giustificate una decina di anni fa, quando la presenza e la distribuzione del cinghiale era ben diversa da quella attuale, in ragione del regime di concessione venatoria nel quale operano i cacciatori, oggi la presenza invasiva di questa specie selvatica ha raggiunto livelli tali da giustificare un piano regionale di eradicazione, che integri l’ordinario prelievo venatorio. Tuttavia, perché il piano abbia successo, è necessario che l’intervento dei controllori sia in qualche modo agevolato, o per lo meno, non penalizzato rispetto a quello dei cacciatori. Ricordo che in Veneto la popolazione stimata dei cinghiali supera i 50 mila esemplari. Solo nelle due unità gestionali della Lessinia e del Baldo, dove sono autorizzati sia il prelievo venatorio sia quello selettivo di controllo, si calcola siano presenti complessivamente 9 mila cinghiali: lo scorso anno i cacciatori ne hanno abbattuti 1359 e ai controllori che operano in selezione è stato posto l’obiettivo di prelevarne altri 900. Sono i numeri stessi a rendere evidente l’opportunità da un lato di valorizzare i capi abbattuti con opportune iniziative di commercializzazione, e dall’altro di agevolare l’autoconsumo senza passare obbligatoriamente per i macelli. Ringrazio l’assessorato alla Sanità per la puntualità con cui ha recepito le linee guida ministeriali e la chiarezza delle indicazioni fornite ai direttori dei servizi Igiene e della Sanità animale delle Ulss venete”.
La sicurezza alimentare è comunque obiettivo prioritario e resta garantita evidenzia la Direzione regionale veterinaria. Le nuove disposizioni chiariscono che l’autoconsumo, indipendentemente dalle modalità di abbattimento, è possibile nella misura di un capo per ogni cacciatore/operatore e verrà sospeso qualora si verifichino situazioni di emergenza epidemica.

Inoltre, le Ulss saranno coinvolte nella formazione dei cacciatori e dei selecontrollori nelle competenze relative a igiene delle carni e degli animali, e si richiede il rispetto da parte di tutti gli operatori degli obblighi in materia di identificazione e tracciabilità delle carni, l’impegno a prevenire ogni forma di zoonosi, l’obbligo dell’analisi delle carni per la ricerca del parassita della trichinella, nonché il rispetto della normativa vigente in materia di smaltimento dei sottoprodotti.