Il 2018 conferma il trend innescato dalla crisi finanziaria: 75 nuovi casi di comuni italiani in difficoltà, con 45 procedure di riequilibrio e 30 dissesti. Lo stesso numero del 2017. Il dato è emerso da una ricerca di Ca’ Foscari che ha innescato un dibattito a livello nazionale sulle criticità finanziarie dei municipi e sulla normativa che le regola, aprendo un percorso di riforma.

 Il “Rapporto Ca’ Foscari sui comuni” (Castelvecchi Editore) sarà presentato per la prima volta al pubblico dagli autori Marcello Degni, magistrato della Corte dei conti e docente all’Università Ca’ Foscari Venezia, e Stefano Campostrini, ordinario di Statistica Sociale a Ca’ Foscari e direttore del Centro Governance & Social Innovation, in occasione del Festival della Statistica (www.festivaldellastatistica.it), giovedì 19 settembre alle 11 al Palazzo dei Trecento.

 All’incontro è attesa la partecipazione del viceministro all’Economia Laura Castelli. Introdurranno Mario Conte, sindaco di Treviso, Gianluca Forcolin, vicepresidente e assessore al bilancio e patrimonio, affari generali, enti locali della Regione del Veneto. A discuterne Andrea Ferri , responsabile Finanza locale IFEL, Maria Rosa Pavanello, presidente ANCI Veneto, Roberto Castiglioni, Vice President Factoring Department, BFF Banking Group.

 La ricerca è partita dall’analisi di tutta la documentazione relativa alla criticità finanziaria dei comuni (documentazione informatizzata e caricata su una banca dati, oggi disponibile in rete http://www.cafoscari.eu/studi/public/elen_info.php) per analizzare le cause toccando i diversi aspetti delle finanze comunali: dal personale alla gestione dei tributi; dalla governance del territorio agli indicatori di performance.

A partire da questi risultati il Ministero di Economia e Finanza ha avviato una proposta di legge di modifica del Testo unico degli Enti locali, accogliendo in gran parte le proposte che sono state avanzate nel rapporto e verranno presentate, per la prima volta al pubblico, a Treviso.

Allarme confermato

La seconda edizione del Rapporto conferma l’allarme lanciato nelle precedenti fasi dello studio. Nell’ultimo quinquennio (2014-2018) sono ben 273 i comuni che hanno dichiarato difficoltà finanziarie tanto da avviare in 126 casi la procedura di dissesto – una media di 25 nuovi casi/anno rispetto ai 12 casi/anno del quinquennio precedente – e in 225 quella di pre-dissesto (riequilibrio): di questi ultimi ben 78 (35%) sono poi transitati al dissesto nel periodo considerato.

I comuni che hanno attualmente in corso una procedura, comprese quelle aperte prima del 2014, sono 379, al lordo dei (pochi) riequilibri chiusi e dei dissesti antecedenti il 2013 ancora aperti.

L’andamento dettato dalla crisi

“Il numero dei comuni che hanno attivato le procedure di dissesto e riequilibrio nel periodo 1989 – 2018 mostra con evidenza un andamento ad U – spiegano i ricercatori – L’impatto della grande crisi ha prodotto, dal 2008 in poi, la ripresa del fenomeno della criticità finanziaria che non accenna a scendere”.

L’articolazione regionale mostra una concentrazione territoriale del fenomeno. Se la media italiana è di circa il 10% di comuni che hanno visto nel periodo situazioni di criticità abbiamo regioni (soprattutto al Nord) che non ne hanno nessuno e casi come la Calabria, Campania e Sicilia, che ne hanno più di un terzo.  L’andamento è crescente, in termini percentuali, al crescere della popolazione.

Crisi, tagli e governance da rivedere

“La crisi e riforme difficili da implementare hanno reso difficile la gestione dei municipi – commenta Marcello Degni, magistrato e docente a Ca’ Foscari –  Autonomia di entrata, definizione dei livelli standard di spesa per l’erogazione di servizi relativi alle funzioni fondamentali (Livelli essenziali delle prestazioni, LEP) sono gli elementi cruciali per un efficace funzionamento del sistema di finanziamento degli enti locali. Ma sono anche fattori di grande criticità. LEP e fabbisogni standard, che dovrebbero consentire di valutare l’azione pubblica, sono ancora a uno stato embrionale. L’effetto dei tagli sul percorso di federalismo fiscale delineato dalla legge 42 del 2009 è stato devastante: gli istituti fondamentali di quel disegno ne escono svuotati o stravolti”.

“E’ necessario individuare nuovi modelli di governance del territorio, innovazione sociale e partecipazione, nella prospettiva della co-creazione – afferma Stefano Campostrini – Nei comuni le variabili in gioco sono tantissime, anche in piccole realtà, incommensurabilmente più numerose della più complessa realtà aziendale. Non è quindi imbrigliando la complessità che si può governarla, ma riconoscendola e trovando soluzioni necessariamente complesse per indirizzarla verso obiettivi comuni”.

Le soluzioni

Il Rapporto, partendo da riflessioni sia teoriche sia corroborate dai numeri, avanza anche alcune ipotesi su possibili soluzioni. Se i comuni non possono fallire, oltre che regolare gli squilibri finanziari è necessaria la creazione di presupposti per una governance equilibrata e virtuosa, che comprenda garanzia di autonomia impositiva, capacità di riscossione delle entrate e crescita delle competenze (sblocco del turn over, formazione permanente, rescaling dimensionale).

“Non si può pensare a procedure di risanamento dai contorni incerti e dall’orizzonte temporale indeterminato – scrivono gli studiosi – Violare platealmente le norme costituzionali su equilibrio e copertura, scardinare il rapporto tra governanti e governati sulle politiche relative alle entrate (imposizione fiscale) e alle spese (politiche pubbliche), scaricare sulle generazioni future un onere pesante e ineludibile, come è accaduto in questi anni attraverso una legislazione rapsodica e asistematica, non è sostenibile. Si travolge, come recentemente ribadito dalla Corte Costituzionale, la funzione di bene pubblico del bilancio”.

“L’attuale quadro normativo che disciplina la criticità finanziaria (Titolo VIII del TUEL) è evidentemente inadeguato se ha prodotto “anomalie” per ben, in un decennio, il 10% dei comuni italiani – concludono – Una possibile proposta di riforma che, alla luce degli studi, il Rapporto delinea va in tre sensi: rafforzare le capacità dei comuni (con attività formative e di sostegno costante), modificare la disciplina del dissesto, favorendo meccanismi più efficaci/efficienti di controllo e risanamento, che assicurino, tra l’altro, tempi certi (per i debitori, gli amministratori e i cittadini) e terzo, a tale attività correttiva, affiancare un’attività di monitoraggio costante delle finanze dei comuni”.