Due fratelli, due maestri vetrai, una vita passata a sudare tra temperature folli e oggetti che prendono vita dalle loro mani: in comune una sconfinata passione per un mestiere che diventa arte. A dividerli – oltre agli 11 anni di differenza – un diverso approccio alla propria attività. L’uno, uomo di bottega. L’altro, insegnante che crede nella scuola, oltre che maestro vetraio. Silvano e Giancarlo Signoretto, 64 e 53 anni, raccontano a un gruppo di giovani cosa significa lavorare il vetro a Murano.
“Avevo 8 anni – spiega Silvano – quando ho cominciato e portavo solo l’acqua al maestro. Allora c’erano i livelli: partivi garzone, poi garzonetto, serventino, servente e maestro. Con la bravura salivi di livello e anche il pezzo prodotto valeva di più. Ma a deciderlo era solo il maestro”. Tra i tanti bambini e ragazzini che arrivano alle fornaci, però, solo pochi proseguivano poi nel mestiere. “Solo lui – continua – riusciva a capire se avevi qualcosa in più: era lui a decidere se avevi le qualità per andare avanti. Rubavi con gli occhi, imparavi guardando”.
Anche Giancarlo inizia a lavorare il vetro giovanissimo, all’età di 14 anni, seguito da un altro fratello, Pino, maestro di fama internazionale e cominciando poi a girare per le vetrerie veneziane. Ha solo 27 anni quando avvia la sua prima fornace per esprimere le sue idee artistiche. “Ho 39 anni di esperienza – racconta – 27 come maestro e 15 di lavoro all’estero. I turisti ci vedono come artigiani, ma noi ci sentiamo artisti perché creiamo di testa nostra, non solo su commissione”. Oggi Giancarlo insegna alla Scuola del Vetro Abate Zanetti che realizza, coordina e promuove attività formative per chi vuole apprendere questo mestiere, organizza corsi sulle tecniche, i metodi della lavorazione artistica e il design del vetro.
“Lo scopo della scuola – aggiunge Giancarlo – è diffondere l’arte del vetro nel mondo: è la prima apertura di questo tipo a Murano. Affido agli studenti progetti mensili: sanno sempre cosa impareranno. Devono essere sportivi perché il lavoro è faticoso, ma soprattutto concentrati e coordinati”. Un attimo di distrazione, infatti, può essere fatale. A scuola come in fornace il rischio più alto è quello delle bruciature: restano a bocca aperta i visitatori vedendo il maestro Silvano che tocca il vetro ancora caldo a mani nude. “In laboratorio – racconta ancora il maestro Silvano – una delle prime cose in cui i ragazzi si cimentano sono i cavallini: è l’unica cosa che fai tutto d’un pezzo, va fatta in pochi minuti e serve ad apprendere la tecnica”. E mostra ai visitatori quanto il vetro, già un po’ raffreddato, possa essere pericoloso, appena vi si appoggia sopra un foglio di carta che prende immediatamente fuoco.
Un mestiere, insomma, dalle origini antiche e profonde, che si continua a tramandare grazie alla passione e alla sopportazione della fatica. Un’arte, però, il cui futuro è a rischio. “Le richieste alla scuola – spiega Giancarlo – arrivano soprattutto dall’estero e dalla terraferma. Oggi abbiamo un ragazzo di Spinea, Giancarlo, e una ragazza di Marcon, Agnese. Lui è qui da tre anni, lei da pochi mesi. Ma sono convinto che il futuro delle vetrerie sia donna. Hanno qualcosa in più”. “Sull’isola – gli fa eco il fratello Silvano – nessuno più vuole fare questo mestiere. Questa è un’arte che si impara sul campo”.
Elena Cozzi e Chiara Semenzato