Da sinistra, il primario Fraccalanza con il suo team
Da sinistra, il primario Fraccalanza con il suo team
Un seno, un tallone e una mandibola tornano in vita con gli stessi tessuti della persona vittima di asportazione tumorale. All’Angelo arriva la microchirurgia plastica ricostruttiva e la Senologia dell’ospedale mestrino si impadronisce così di ogni tipologia di ricostruzione mammaria (e non solo) possibile dopo l’asportazione di un tumore. A partire da una gamma di opzioni sull’asportazione tumorale con contemporaneo rifacimento del seno “che all’Angelo già era tra le più all’avanguardia in circolazione, l’introduzione della microchirurgia plastica ci rende capaci adesso dell’intera tipologia delle più efficaci ricostruzioni del seno effettuate a livello internazionale” spiega il neoprimario di Chirurgia plastica Eugenio Fraccalanza, che a poche settimane dal suo insediamento ha restituito un nuovo seno a una quarantenne utilizzando gli stessi tessuti addominali della donna. E con la stessa innovazione chirurgica ha dato vita nuova a un tallone vittima di asportazione tumorale, così come nuovi sono la mandibola, la lingua e il pavimento orale di un’altra paziente dopo la rimozione di un cancro alla bocca.
“Tre interventi fatti per la prima volta a Mestre la cui innovazione sta nell’utilizzare dei lembi di tessuto sano della stessa persona senza danneggiamenti, né dal punto di vista muscolare, né dal punto di vista della trasmissione neurologica. Questo non giova solo alla senologia, ma potenzia, ad esempio, anche l’eccellenza specialistica della Chirurgia cranio facciale dell’Angelo nel trattamento delle neoplasie della testa e del collo” dice il direttore generale dell’Ulss 3 Serenissima Giuseppe Dal Ben.

Un nuovo seno
Un nuovo seno dall’addome: si è trattato di un unico intervento di asportazione tumorale e trapianto mammario a una giovane paziente, durato otto ore. Mentre nel corso della prima ora un’équipe di due senologi si occupava dell’asportazione di mammella e linfonodi ascellari, simultaneamente una squadra di quattro chirurghi plastici si occupava di sollevare ed estrarre un lembo di tessuto addominale, destinato poi alla ricostruzione del seno “Se i trapianti di organo tradizionali usufruiscono di vasi sanguigni grossi – spiega Fraccalanza -, questo autotrapianto utilizza invece vasi inferiori a un paio di millimetri. L’innovazione più grande è che la ricostruzione viene fatta al microscopio, vaso per vaso, con tecniche chirurgiche ad ampio ingrandimento per isolare i vasellini, collegando così il tessuto ai vasi mammari interni. Altra peculiarità sta nell’essere riusciti con due piccole incisioni a mantenere integra la fascia addominale: prima era necessario invece sollevare tutto il muscolo retto dell’addome per prelevare il tessuto, provocando un danno alla parete addominale e rendendo necessaria una rete di contenzione. Ulteriore novità è che siamo riusciti a svolgere il collegamento vascolare senza asportare la costola, usufruendo del piccolo spazio di manovra tra una costola e l’altra”.
Il tessuto è stato trasferito quindi sulla mammella ed è stato modellato per dare al nuovo seno la forma più simile e speculare a gemello. “Il tessuto è della paziente, quindi si è evitato l’utilizzo della protesi (che non è eterna e può andare incontro a contrattura capsulare) – dice il primario -, ma soprattutto, nel tempo, viene mantenuto un andamento del seno che segue l’andamento corporeo con il susseguirsi degli anni: mentre la protesi rimane fissa in volume e struttura, questo tipo di ricostruzione segue i dimagrimenti, l’aumento di peso e le oscillazioni del corpo anche in caso di gravidanza”.

Un nuovo tallone
La stessa tecnica è stata utilizzata nei confronti di una donna con una una parte ancora più complessa da ricostruire dopo un’asportazione tumorale: il tallone. Un intervento, durato 7 ore, che ha permesso un recupero pieno della funzionalità del piede in meno di un mese. L’intervento si è svolto a partire dall’asportazione della neoplasia e dalla ricerca del linfonodo sentinella. A quel punto, mentre un’équipe di due chirurghi plastici preparava i vasi dietro al malleolo, l’altra, composta da altri due chirurghi plastici, si occupava del sollevamento del lembo da utilizzare per la ricostruzione del tallone. “È stato così realizzato un collegamento vascolare tra l’arteria tibiale posteriore e i vasi del lembo. Quello del tallone è un tessuto di un certo spessore e ci vuole una tenuta a livello cutaneo che abbia anche una vascolarizzazione autonoma – spiega Fraccalanza -. Prima, in questi casi, dopo l’asportazione veniva ricostruita solo la parte cutanea. In questa circostanza, invece, abbiamo valutato i tessuti più consoni da poter prelevare per poi applicarli al tallone”.
I chirurghi plastici hanno così optato per un lembo perforante prelevato dalla superficie laterale della coscia. “Altra novità è che non siamo andati a prelevare nessun vaso importante, con il rischio di creare dei danni alla vascolarizzazione degli arti, ma un vaso perforante che nutre la fascia laterale della coscia”.

Una nuova mandibola con lingua e pavimento orale
Da un lembo del perone, una nuova lingua, un nuovo pavimento orale e una nuova cute del collo a una paziente che ha subito la demolizione della mandibola per colpa di un cancro. Un terzo intervento innovativo avvenuto in queste ultime settimane grazie alla Chirurgia plastica dell’Angelo, in collaborazione con gli otorini e la Chirurgia maxillofacciale dell’ospedale. Tre équipe con tre professionalità diverse, quindi, per ricostruire una mandibola. “La particolarità sta nella doppia ricostruzione della mucosa del pavimento orale e della cute del collo infiltrata dalla neoplasia – descrive l’intervento Fraccalanza -. La ricostruzione è stata quindi ottenuta anche con la pelle della gamba, che sopravvive grazie a dei vasi di piccolissime dimensioni”.