“Finalmente cambiano le regole per assicurare il diritto alla casa a chi ha veramente bisogno. Questa è una riforma di giustizia e solidarietà, perché le case pubbliche, realizzate con il denaro comune, sono e devono restare un patrimonio sociale, a disposizione di chi non ha davvero altri mezzi per riuscire a garantirsi un alloggio”. Manuela Lanzarin, assessore regionale all’edilizia pubblica, esprime soddisfazione per il voto definitivo con cui il Consiglio regionale ha approvato le nuove norme in materia di edilizia pubblica e difende con convinzione gli obiettivi della riforma. “E’ una riforma qualificante di questa legislatura, che arriva a distanza di oltre vent’anni dalle regole attualmente in vigore. Avevamo il dovere di intervenire, e in fretta – scandisce l’assessore –  di fronte alle condizioni in cui versa il patrimonio pubblico, i tassi di morosità, le liste di attesa, l’emergenza abitativa. La riforma interviene infatti sui criteri di accesso e sui canoni, introduce la novità della durata temporale dei contratti di locazione, responsabilizza gli amministratori delle Ater, i Comuni e, non ultimi, gli inquilini stessi”.

“Le nuove regole – sottolinea l’assessore Lanzarin – dovranno mettere la parola ‘fine’ al fenomeno della morosità: attualmente un inquilino su tre non paga il canone, nonostante si tratti di importi poco più che simbolici, con indici di morosità che in alcune province del Veneto sfiorano il 50 % degli affittuari. La riforma impegnerà Ater e comuni a sostenere le fasce più deboli, ma non offrirà più alibi a quanti hanno trasformato un diritto sociale in un privilegio acquisito a vita”.

La riforma – ricapitola Manuela Lanzarin – cambia la ‘governance’ delle Ater, affidandola ad un comitato di gestione composto da tre membri; interviene sui criteri di assegnazione dando priorità a chi abita in Veneto da almeno cinque anni (anche non continuativi), agli anziani, ai giovani, alle nuove coppie, ai genitori soli con figli minori, ai nuclei con disabili e alle donne vittime di violenza; introduce contratti di affitto a termine (cinque anni, rinnovabili), la verifica dell’effettiva situazione economica degli assegnatori (soglia massima di Isee per l’Erp è 20 mila euro) e il canone di locazione ‘sopportabile’, parametrato cioè alle possibilità economiche degli assegnatari ma anche ai costi di gestione e manutenzione sostenuti dall’Azienda pubblica. Il canone minimo sale, pertanto, a 40 euro al mese.

“Le case Erp – garantisce l’assessore – sono e restano un patrimonio sociale: eventuali inquilini ‘incapienti’ saranno aiutati a pagare il canone minimo dai servizi sociali dei Comuni e dal Fondo di solidarietà alimentato da Ater e Regione. Non è vero che questa legge abbia modificato la natura delle Ater privilegiando criteri economicisti. Le Ater costruiscono e gestiscono case ‘popolari’ cioè a finalità sociale, in funzione delle persone  e dei nuclei più fragili: la riforma ‘riserva’, infatti, un certo numero di alloggi per le finalità sociali dei Comuni (10%), per le forze dell’ordine (10 %), per i giovani under 35 (8%), le nuove coppie (8%) e le famiglie monoparentali con figli minori (8%). Tutte le novità introdotte – dai contratti a termine, ai canoni commisurati alla capacità economica degli assegnatari, alle norme di responsabilizzazione degli inquilini nella buona conservazione dell’immobile – valorizzeranno la vera funzione sociale del patrimonio pubblico, incentiveranno la mobilità di quegli inquilini che migliorano la propria situazione economica e sosterranno la riqualificazione degli alloggi pubblici”.

“Abbiamo voluto introdurre principi e regole di equità – conclude l’assessore – per tutelare i più deboli e garantire la sostenibilità del sistema complessivo. Ricordiamoci che nel 2016, su un totale di 36.890 alloggi pubblici (di cui 33.366 di proprietà Ater), quasi 11 mila assegnatari non hanno pagato il canone, per un valore complessivo di 13 milioni di mancati introiti per le Ater imputabili alla morosità. Nel contempo le domande in lista di attesa sono oltre 16 mila e solo il 5 per cento degli aventi diritto è riuscito ad ottenere l’assegnazione di una casa Ater. Continuare a favorire chi occupa un alloggio pubblico nonostante sia nelle condizioni di pagarsi un affitto a libero mercato è una ingiustizia sociale che danneggia l’intera collettività”.