Un paio di giorni in un seggio elettorale – da scrutatore, da presidente o da delegato non importa – è sempre un bell’esercizio di democrazia. E sul senso della democrazia oggi. Se ne vedono un po’ di tutti i colori. Si comincia il sabato quando, all’improvviso, più che nell’era del digitale e del 2.0 sembra di piombare nell’Ottocento.
Certo, per fortuna, non c’è più la lampada a petrolio d’emergenza, sparita solo qualche elezione fa. Ma è l’unica cosa a essere rimasta indietro: il bollo di sezione, con il suo inchiostro a pennellino sempre secco e l’impugnatura di legno che fa venire il callo in un minuto, pare arrivare direttamente dalla scrivania di un polveroso segretario del re.
E poi le schede, a centinaia, da bollare una alla volta con questo residuato bellico. E poi i verbali: pagine e pagine da compilare, rigorosamente in duplice copia, con i vari addì, ovvero, appongono la firma. Con liste infinite di nomi – alle comunali a Venezia, per esempio, dai 30 ai 36 candidati per ogni lista, per un totale di 23 liste – da trascrivere a mano, uno alla volta. Troppo tecnologiche le etichette adesive da attaccare in trenta secondi.
Impossibile allora, allo scrutinio, non chiedersi se la democrazia sia davvero tutta chiusa nella possibilità di scrivere a matita una preferenza. Se quasi 800 candidati per una manciata di posti in consiglio comunale non creino in realtà più confusione che altro. Per poi scoprire, alla fine della fiera, che il consigliere più votato in assoluto ha raccolto 957 preferenze (per la cronaca: Simone Venturini della lista Brugnaro Sindaco).
Il bello dei seggi, però, arriva con l’arrivo degli elettori. Il classico è il neo maggiorenne che esce dalle cabine con le schede votate, belle aperte, incapace di richiuderle. O quello che cade dal pero di fronte alla terza scheda consegnata, quella della municipalità, come non le avesse già votate almeno un paio di volte in un decennio. E poi le domande: devo mettere una ics? Dove la devo mettere? Non ho la tessera posso votare? E la più bella di questa tornata: dove devo firmare? Sì, ok, c’è il voto disgiunto che complica un po’ le cose. C’è un sistema che non aiuta la chiarezza. Ma anche un po’ di consapevolezza in più da parte degli elettori non guasterebbe. Sempre in nome della democrazia.
Chiara Semenzato