E stata inaugurata oggi, giovedì 7 luglio, alle 12.15, alla presenza del Presidente della Camera di Commercio di Treviso-Belluno|Dolomiti, Mario Pozza, la mostra “Buzzati a Treviso -Tra Mazzotti e Zanzotto”, a Palazzo Giacomelli -sede di Assindustria Venetocentro- dove sarà ospitata fino al 10 settembre 2022.

L’esposizione, curata da Marco Perale e dall’Associazione internazionale Dino Buzzati., rientra nel progetto “Dino Buzzati, dalle ardite guglie dolomitiche alle dolci Prealpi” coordinato dal Circolo Cultura e Stampa Bellunese e sostenuto dalla Camera di Commercio di Treviso e Belluno, con il patrocinio della Regione del Veneto e dalla Provincia di Belluno.

“A 50 anni dalla morte di Buzzati (Belluno 1906-Milano 1972) – spiega Perale – questa mostra documenta la progressiva semplificazione del segno pittorico di Buzzati, sempre più fuso con la parola, presentando anche tre inediti che vanno ad arricchire il catalogo generale buzzatiano. Sono presenti tutte le tecniche che egli ha utilizzato negli oltre cinquant’anni di attività grafico/pittorica”.

“Ma a fianco di quadri, disegni e incisioni, e accanto alle prime edizioni dei libri di Buzzati – continua il curatore – nelle teche trova spazio un’ulteriore dimensione creativa di Buzzati, che potremmo definire la parola sulla parola, cioè le sue caratteristiche dediche, parole scritte a mano sopra altre parole stampate. In mostra si può percepire evoluzione del rapporto buzzatiano con gli stili che via via adotta, dal simbolismo iniziale dell’ “Uomo romantico” del 1924-25 fino all’approdo finale nel solco della Pop Art che egli scopre alla Biennale veneziana 1964, lasciandosene contaminare profondissimamente. Ma scorrendo le opere in mostra si può cogliere anche il progressivo ribaltamento pittorico delle sue scelte iconografiche, del tutto parallelo all’evoluzione della sua stessa poetica narrativa. “L’uomo romantico” con il suo sfondo in cui la città sembra già trasformarsi in una selva di guglie e picchi (come accadrà nel 1952 al Duomo di Milano che diventa parete dolomitica) anticipa e documenta la scelta iniziale di Buzzati, che con il “Barnabo delle montagne” del 1933, “Il segreto del bosco vecchio” del 1935 e soprattutto con “Il deserto dei Tartari” del 1940 descrive mondi praticamente solo maschili. Una scelta che si inverte progressivamente fino all’approdo finale degli anni Sessanta, in cui sia i suoi libri (da “Un amore” del 1963 fino a “I miracoli di Val Morel” del 1971, con il nuovo protagonismo femminile delle figure speculari di Laide e Santa Rita) sia i quadri e i disegni si concentrano quasi esclusivamente sull’universo femminile, ben rappresentato in questa mostra, mentre il maschile si fa evanescente, dal vecchio professore che cerca in cimitero il suo antico amore fino alla giacca vuota, l’estremo approdo di un modello maschile ormai in irreversibile crisi di identità.