Piatto vuoto al collo come collana, senza grembiule e a braccia incrociate. Si sono presentate così ieri le lavoratrici che prestano servizio nelle mense di asili, scuole, ospedali e case di riposo, mense aziendali e interaziendali, per rivendicare i diritti acquisiti che non riescono più a tenersi strette. Lo slogan della protesta unitaria di Cgil, Cisl e Uil andata in scena ieri mattina davanti al centro commerciale Le Barche in piazzetta Coin era emblematico, “il piatto piange”. Lavoratori e lavoratrici della ristorazione collettiva nel settore sia pubblico che privato sono in attesa del rinnovo del contratto nazionale da più di 34 mesi e solo in ospedali e case di riposo i servizi essenziali sono stati garantiti. Un bilancio si potrà stilare solo nei prossimi giorni ma lo sciopero era nazionale, come ha sottolineato l’amministratore unico di Ames, Gabriele Senno. Diverso il discorso delle mense dei dipendenti, o di grosse aziende dove ci sono stati dei disagi. «In questo modo non è possibile andare avanti», spiega Andrea Brignoli della Filcams Cgil, «perché si vogliono sopprimere i diritti di base, ossia abbassare il salario, non pagare la maggiorazione dello straordinario, tutte forme che vengono messe in atto a scapito di qualità e carichi di lavoro. Eppure la parola professionalità non viene riconosciuta in questo campo». Brignoli punta il dito contro lo sciopero del panino: «In concomitanza con il nostro è assurdo perché causa problemi agli stessi lavoratori, è una guerra tra poveri che ci ha tolto visibilità. Non è uno sciopero hanno solo mandato i figli a scuola con il panino perché le mense non funzionavano». A tirare le fila della giornata Maurizia Rizzo, Fisascat Cisl: «Abbiamo avuto una grande adesione, per noi è importante dimostrare a queste multinazionali che non ci pieghiamo, vogliamo mantenere fermi i diritti conquistati, le clausole sociali e la continuità lavorativa negli appalti: parliamo di donne sole e monoreddito che devono sopravvivere. La flessibilità va pagata, la malattia dev’essere garantita così come l’aumento contrattuale e lo scatto di anzianità. Non si può pretendere la qualità a scapito di chi lavora».

Gian Nicola Pittalis

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