Un sistema economico messo a dura prova. Una pandemia che potrebbe diventare in breve una tragedia per il sistema-Veneto. E ricadute davvero pesanti per tutto il territorio, a meno di interventi rapidi. Il quadro tracciato oggi in conference call dal presidente di Camera di Commercio Treviso Belluno Mario Pozza e dal dottor Federico Callegari non induce certo all’ottimismo per quanto concerne l’economia trevigiana.

“Il 2019 era stato un anno piuttosto debole per la nostra economia a causa delle guerre tariffarie e commerciali in corso – ha premesso Callegari presentando lo studio statistico – Ma lo scorso novembre, al momento di studiare gli sviluppi per l’anno a venire, mai avremmo pensato di trovarci di fronte ad un quadro del genere”. Il crollo infatti è verticale e coinvolge quasi tutti i comparti, con incidenze particolari sul fronte dell’export che è quello più delicato e realmente vitale per tutta l’imprenditoria locale. “I dati purtroppo non mentono. Se la crisi iniziale in Cina è già costata 70 milioni di euro alle imprese trevigiane che hanno dovuto rivedere l’import di materie prime e semilavorati in diversi settori, gli sviluppi successivi sono stati ancora peggiori. Pensiamo ai blocchi delle merci ai confini: la provincia di Treviso annualmente esporta verso l’Est Europa, Russia esclusa, materiali per 2,5 miliardi di euro di merci; un flusso che è stato interrotto anche a causa di politiche scorrette di chi ora si sta approfittando della situazione”.

Non basta ovviamente. Perché il cosiddetto “Chiudi Italia” cioè il recente Decreto governativo che ha imposto lo stop alle attività non strategiche, potrebbe aggravare una situazione già in parte compromessa. “Registriamo le lamentele di aziende ancora operative e con ordinativi – ha proseguito Callegari – Però la difficoltà nel reperire le materie prime o nell’incaricare i terzisti rallenta ulteriormente le prospettive. La prima conseguenza è una netta flessione dei consumi ma anche un crollo dell’impiego con il fermo di almeno il 60% della forza lavoro nella sola provincia di Treviso. Ed il danno diretto per le imprese del territorio in uno stop anche solo di due settimane è quantificabile in 400 milioni”. Prospettive? Ovviamente fosche. “Il PIL italiano va verso una recessione del 5 percento nel secondo trimestre 2020. La Marca che vive di export rischia una crisi fortissima con una contrazione del 73% dei commerci verso l’estero con perdite miliardarie. Come uscirne? L’unica speranza è nel ricalcare la curva dei contagi della Cina, sperando di agganciare dunque una ripresa nel terzo trimestre”.

“L’economia italiana è fondamentalmente basata sulla trasformazione e non sulla vera e propria produzione – ha ricordato Pozza – Lo confermano le statistiche secondo cui il nostro territorio esporta annualmente per 13,5 miliardi accompagnati da 36mila documenti emessi proprio dalla Camera di Commercio. Alcuni settori stanno già accusando una forte crisi, penso alla filiera del Prosecco che stava già iniziando l’imbottigliamento in vista del periodo estivo: la chiusura dei locali di ristorazione e le difficoltà nell’esportazione di certo non aiutano”.

La Camera di Commercio comunque intende farsi portatrice di istanze e divenire strumento attivo nell’affrontare la crisi in corso. “Abbiamo delle carte da giocarci – ha confermato Pozza – Presenteremo un progetto di sostegno al credito, gli enti camerali sono autorizzati ad intervenire per il supporto alle piccole e medie imprese con un sistema di abbattimento dei tassi di interesse o a garanzia. Stiamo verificando con l’assessore regionale Marcato per concertare un’azione di sistema. Lunedì avremo una riunione di giunta per determinare la linea di sostegno al credito in virtù dell’emergenza”.

Non basta ovviamente. E il presidente lo sa bene: “Occorre rivedere i dettami di Basilea 2 e Basilea 3, troppo stretti per le nostre imprese in tempi normali ed ancor più penalizzanti nella congiuntura attuale. Serve meno burocrazia, è inutile aver spostato le scadenze fiscali di qualche giorno o mese: come imprenditori non possiamo restare nel limbo, ci servono certezze. Anche perché non nascondo una preoccupazione: con la crisi di liquidità c’è il serio rischio di una forte infiltrazione dei cartelli malavitosi all’interno delle aziende cui serve disperatamente del denaro per non dover chiudere. L’emergenza potrebbe dunque diventare anche di carattere sociale”.