Da una parte, un 65enne di Marcon che ha perso 8.500 euro di pensione per un errore del Caf, dall’altra un giovane veronese che, per una disattenzione del Patronato di Legnago, si è visto negare 3 mila euro di disoccupazione. Sono loro i due soci Adico che hanno deciso di andare in Tribunale contro le due strutture fiscali, dopo innumerevoli tentativi di mediazione andati a vuoto se non addirittura ignorati dalla controparte. La causa – che ha per definizione tempi e risultati incerti – è sempre l’ultima “ratio” in questi casi e di certo dovrebbe essere evitata con tutte le forze dagli stessi Caf e Patronati. Però, pur essendoci tantissime denunce di errori che provengono dai contribuenti, è quasi impossibile che le strutture fiscali ammettano le proprie responsabilità, attivando così la propria assicurazione e andando a rimborsare il cittadino. Una situazione “non più sostenibile – come spiega Carlo Garofolini, presidente dell’Adico – anche perché le perdite dovute a errori degli operatori sono spesso notevoli e possono tradursi in mancati guadagni o in perdite economiche o di benefici. Ci chiediamo come mai non si faccia una normativa che tuteli finalmente il contribuente. La gente che si rivolge a noi è stufa, infuriata e incredula. Però anche per le associazioni dei consumatori è difficile ottenere qualche cosa in fase di mediazione proprio perché ci si scontra troppo spesso contro un muro di gomma”. Nei due casi specifici, sia il Caf che il Patronato sono legati alla Cisl ma in realtà la problematica riguarda quasi tutte le strutture anche se in questo caso i due soci in questione si siano rivolte allo stesso sindacato.

Per quanto concerne il pensionato, la vicenda inizia ancora nel 2018 quando l’uomo, tramite un Caf Cisl con sede operativa a Marcon, ha richiesto all’Inps di accedere all’ape sociale e, contestualmente, all’anticipo pensionistico. Per tre volte gli operatori del centro di assistenza fiscale hanno presentato la domanda che per tre volte è stata respinta dall’Ente previdenziale. Motivo? Il Caf ha inviato la richiesta troppo in anticipo, quando A.Z. stava ancora percependo l’indennità di disoccupazione. Alla fine, nel 2019, l’ennesima richiesta è andata a buon fine con l’accoglimento da parte dell’Inps. Peccato però che il 65 enne avesse ormai perso otto mesi di pensione (da agosto 2018 ad aprile 2019) per un importo di 8.560 euro.

“Ora andiamo in causa – conclude Garofolini – perché i nostri due soci sono convintissimi delle proprie ragioni e hanno i mezzi per dimostrarlo. Chiediamo però ai responsabili delle strutture fiscali: era proprio il caso di arrivare fino a questo punto? Un discorso che vale ovviamente per tutte queste realtà che a volte sembrano proprio voler scoraggiare il contribuente, forse nella speranza che non si sogni di fare causa. Ma, come possiamo testimoniare noi con queste due vicende, non va sempre così”.