Per la regia di Leo Muscato, il grande interprete lucano è protagonista della celebre commedia dell’autore russo Nikolaj Gogol

Dopo il successo nei teatri Verdi a Padova e Del Monaco a Treviso, Rocco Papaleo continua la tournée sui palcoscenici del Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale e giovedì 22 febbraio, alle ore 20.30, debutta al Goldoni di Venezia con L’ispettore generale di Nikolaj Gogol, uno dei più grandi capolavori della drammaturgia russa.

Scritta nel 1836, L’ispettore generale è una delle commedie più discusse di tutti i tempi, tragicamente più attuale di quanto si possa immaginare, che rivive oggi grazie alla regia di Leo Muscato.

Lo spettacolo coprodotto da Teatro Stabile di Bolzano, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale, sarà in scena fino a domenica 25 febbraio.

Assieme a Papaleo, sul palcoscenico un cast composto dagli attori Daniele Marmi, Giulio Baraldi, Marta Dalla Via, Letizia Bravi, Marco Gobetti, Gennaro Di Biase, Michele Schiano di Cola, Michele Cipriani, Marco Vergani, Marco Brinzi, Elena Aimone e Salvatore Cutrì. Le scene sono di Andrea Belli, i costumi di Margherita Baldoni e le musiche originali di Andrea Chenna. Alle luci Alessandro Verazzi.

L’Ispettore Generale di Gogol

L’ispettore generale è una commedia satirica che si prende gioco delle piccolezze morali di chi detiene un potere e si ritiene intoccabile. È forse l’opera più analizzata, criticata, incompresa, difesa, osteggiata, della letteratura russa di tutti i tempi. Ambientata in una piccola cittadina, tutto si svolge in un piccolo mondo sociale integro e autosufficiente, un microcosmo autonomo, perfettamente isolato nel quale l’autore fa confluire tutto il male osservato in Russia. E, in questo nuovo allestimento, sono proprio l’isolamento e la lontananza dal resto del mondo ad essere ispirazione dello spettacolo stesso.

Neve, freddo e ghiaccio dominano lo sfondo, ogni abitante conosce vita morte e miracoli di tutti gli altri. È un mondo in cui vige la povertà, l’ignoranza e l’apoteosi del provincialismo. Un luogo in cui anche i potenti vivono in ristrettezza, ma la posizione che occupano, consente loro di approfittarsi di chi sta ancora peggio. Tutti sognano la capitale, una vita felice e piena di lussi. Ma questa prospettiva è solo una chimera. Da qui nasce la comicità della commedia, i personaggi vivono la truffa, l’arbitrio, la violenza e la sopraffazione come loro sacrosanti diritti. E all’improvviso subiscono una scossa talmente forte che si instilla dentro di loro il dubbio di non avere più alcuna certezza. Un formicaio scosso nelle fondamenta. La paura, il senso di colpa, e il vizio della corruzione, rendono così tutti i personaggi completamente ciechi, trasformandoli da carnefici a vittime, e le loro reazioni diventano, poco a poco, motivo di derisione.