La Sindrome Vexas colpisce principalmente il midollo osseo e il sangue: secondo le ultime ricerche potrebbe essere particolarmente diffusa soprattutto tra gli uomini di età superiore ai 50 anni.

Parliamo di una malattia autoimmune collegata a una mutazione somatica nel gene UBA1 nel midollo osseo, quindi di fatto non ereditata. Può causare l’infiammazione di più organi, tra cui pelle, polmoni, articolazioni e vasi sanguigni e, sebbene sia ancora rara, i ricercatori hanno concluso che può colpire fino a un uomo su 4.269 e una donna su 26.238, entrambi di età superiore ai 50 anni.

Sindrome Vexas: cosa rivela il nuovo studio

Sul Journal of the American Medical Association (JAMA) è stato pubblicato un nuovo studio curato da un team di ricercatori statunitensi, che hanno analizzato i dati genetici di oltre 163.000 pazienti della Pennsylvania, alla ricerca della variante del gene UBA1 associata alla sindrome VEXAS.

«Abbiamo esaminato il database sanitario di ogni individuo che presentava mutazioni in UBA1 e abbiamo osservato quanto fossero simili tra loro, con quali sintomi e quali diagnosi», ha spiegato David Beck, assistente presso la Grossman School of Medicine della New York University e coautore di numerosi studi sulla sindrome Vexas.

«Di questi partecipanti, 11 avevano la variante del gene UBA1 – due donne e nove uomini – e tutti e 11 avevano anche sintomi coerenti con la sindrome Vexas. Nel complesso, si è concluso che una persona su 13.591 può avere la sindrome Vexas, con un’incidenza maggiore negli uomini di età superiore ai 50 anni».

Grazie ai nuovi studi, i medici oggi sono dunque più consapevoli e sanno cosa cercare per diagnosticarla. In caso di sintomi che possono essere indicativi, viene suggerita una biopsia del midollo osseo, per offrire all’ematologo uno sguardo più attento al sangue: chi ha la sindrome Vexas presenta in genere anche bolle o vacuoli nel sangue.

Quale terapia?

Al momento, i pazienti Vexas possono assumere farmaci antinfiammatori chiamati glucocorticoidi per aiutare a gestirne i sintomi, ma non sono da escludere possibili effetti collaterali indesiderati.

Spesso la malattia si presenta in forma piuttosto grave e può causare coaguli di sangue, anemia, affaticamento e piastrine basse, talvolta anche tumori del sangue. In casi davvero gravi o con varie problematiche a livello ematico un possibile trattamento potenzialmente efficace è rappresentato dal trapianto di midollo osseo.