Marco Modolo in Venezia-Juventus ©Andrea Pattaro/Vision
Marco Modolo in Venezia-Juventus ©Andrea Pattaro/Vision

Marco Modolo, capitano del Venezia FC, contro la Lazio ha raggiunto 250 presenze in arancioneroverde. Ecco le sue dichiarazioni rilasciate alla stampa in videoconferenza.
Marco, per prima cosa: una sensazione su questo traguardo, festeggiato all’Olimpico.
“E’ una bella soddisfazione, mai avrei pensato di fare 250 partite con questa maglia, di farle in serie A all’Olimpico credo neanche nei sogni più belli. Avrei preferito festeggiarlo facendo punti importanti per la squadra”.
Hai fatto tutta la scalata dalla serie D alla serie A, un caso raro. Che cosa ti rende più orgoglioso?
“Oltre alle 250 partite, che sono per me tante, ed è qualcosa di veramente speciale, c’è stato un percorso dietro che è appunto iniziato dai campi della serie D, poi con tanto lavoro si è arrivati ad uno degli stadi più belli d’Italia. Dietro ci sono anni di sofferenza, perché prima di questi sette anni non c’era un progetto importante, quindi vedere una squadra come il Venezia in D, senza ambizioni importanti, era brutto, ma allo stesso tempo in questi ultimi sette anni c’era la sensazione di poter fare qualcosa di importante. Un percorso fatto di risultati che mi ha portato ad essere quello che sono oggi, un ricordo che porterò sempre con me”.
Tu che sei anche il capitano della squadra, puoi ben avere il polso della squadra. Qual è il morale in questo momento
“Siamo consapevoli del momento difficile, ma al contempo lo stiamo attraversando nel modo migliore, che è quello di confrontarci, lavorare sodo, che sono le uniche soluzioni per uscirne al più presto. La voglia di sacrificarsi e lottare è l’unica soluzione per ottenere la salvezza. E’ l’unica strada percorribile possibile. Abbiamo visto che la serie A, se per tutti i 90 minuti non hai questa forza di carattere, non ti perdona nulla. Ma allo stesso tempo, se riusciamo ad avere un approccio corretto, sarà determinante. Dovremo portarci questo approccio non solo in partita, ma anche in allenamento”.
Come stai fisicamente?
“Ho avuto molti acciacchi fisici quest’anno. Col passare degli anni, meno giochi e più problemi hai. Ho avuto qualche problemino di troppo, forse. Adesso sto abbastanza bene, fisicamente. Comunque abbiamo un mister che ha la stima e fiducia di tutto il gruppo, che ha lo stesso obiettivo nostro. Io voglio essere disponibile da qui alla fine, aiutare il mister quando mi chiamerà in causa”.
Non c’è quindi un “effetto Modolo” nella squadra?
“No, credo che questo conti relativamente. La maglia di questa squadra ce l’ho a cuore, certamente. Credo che 250 partite si sentano eccome. Comunque quest’anno sono state fatte grandissime prestazioni, da parte della squadra, anche senza di me. Cerco di aiutare i miei compagni anche perché pur avendo poca esperienza in serie A, sono uno dei più vecchi. Ma non è un Venezia Modolo-dipendente”.
250 partite significa anche 250 avversari da affrontare e 250 attaccanti da fermare. Chi ti ha messo più in difficoltà finora?
“Attaccanti forti ce ne sono stati tanti, poi nelle categorie bisogna saper stare, ma è questione anche di allenamenti, di abitudine. In questa categoria ho incontrato gli attaccanti più forti. Immobile mi è piaciuto molto, lo stesso Dzeko, Coda del Lecce in B pure è fortissimo. Immobile, per dire, durante la gara ha toccato due palloni ed ha fatto due reti, anche se una annullata”.
Il tuo zigomo tumefatto nello scontro con Dzeko, contro l’Inter, è diventato virale.
“Mi è dispiaciuto, credo che da parte sua non ci sia stata la volontarietà di farmi male, ma quando uno salta col gomito così alto, solitamente l’arbitro fischia. Sarebbe stata l’opportunità per il goal del pareggio, potevamo anche andare in vantaggio e per l’Inter sarebbe stata più dura vincere la gara. Ma il passato non s può modificare”.
Dell’esordio di 13 anni fa, che cosa ti ricordi?
“Credo che degli 8 goal di quell’anno, almeno 7 assist me li abbia fatti Mattia Collauto. Era il top player della squadra, il valore aggiunto. Insieme a lui, partivamo con chances clamorose, aveva un piede incredibile. Eravamo una squadra molto forte. Eravamo partiti a metà agosto, difficile assemblare una squadra con un mese di ritardo. Ho comunque bei ricordi di quegli anni, mi sono serviti molto anche per farmi diventare un calciatore”.
Vuoi dire qualcosa ai tifosi?
“Certamente, un appello lo faccio volentieri: siamo i primi responsabili e consapevoli che, in alcuni momenti, non eravamo caratterialmente presenti in campo. Stiamo vivendo tutti un sogno e cerchiamo di fare di tutto per proteggerlo. Per questo, abbiamo bisogno di tutto lo stadio che ci sostenga. La promessa, a nome di tutta la squadra, è che l’atteggiamento, da qui in poi, non verrà sbagliato, ma abbiamo bisogno di uno stadio che ci sostenga dal primo all’ultimo momento”.
Quanto conta l’esperienza dei “senatori” della squadra per raggiungere l’obiettivo?
“E’ chiaro che da qui all’ultimo ci teniamo allo stesso modo alla salvezza, ne va della carriera di tutti. Da Molinaro che non è in rosa ma che ci dà un contributo a livello incredibile,  il primo a stimolarci, al più giovane, tutti ci teniamo, ripeto, allo stesso modo. Chiaro che chi è qui da più tempo ha qualche cosa in più, anche per poter aiutare e ricordare l’importanza di che cosa significhi salvarsi a Venezia, in serie A, dal punto di vista dell’esperienza non tanto in massima serie, ma delle partite disputate in questa squadra. Sappiamo che c’è bisogno di una pacca sulla spalla del compagno e dirgli che ce la possiamo fare. Credo che lo abbiano capito. Noi li aiuteremo sempre. Adesso giovani e vecchi credo conti relativamente. Tutti noi sappiamo che dobbiamo dare tutti noi stessi”.
Che effetto ti fa avere un tuo ex compagno, veneziano doc, come direttore sportivo?
“Mattia, se lo chiamo direttore si arrabbia. Ma il direttore attuale, come lo avevo lasciato dopo il mio primo anno nel Venezia, credo fosse il penultimo anno per lui da calciatore, l’ho ritrovato come una persona fantastica, che ha sempre una parola positiva e sa sempre toccare i tasti giusti nei momenti giusti. Da veneziano ha a cuore questa maglia e ci tiene più di chiunque altro a questa maglia. Si arrabbia quando le cose non vanno fatte bene, come tutti i direttori, ma lui particolarmente. Ci aiuta, ma nel contempo pretende l’atteggiamento giusto. Sarà determinante anche nelle prossime partite”.
Come Collauto, anche tu sei un giocatore del territorio. E’ raro non solo fare 250 gare con la maglia della stessa squadra, ma anche farle con la maglia della squadra del proprio territorio.
“Io ricordo che da piccolo, a scuola con me, tutti tifavano Inter,, Milan, Juve. Vedevo i bimbi con le maglie d queste squadre. Adesso vedo i  bimbi tifare Venezia. Credo che questa sia la cosa più bella e importante di questi anni. Per me che sono del territorio, significa che in questi anni è stato fatto qualcosa, per riavvicinare le famiglie allo stadio, il che ci deve dare forza”.