Tornano ad accendersi i riflettori su Chioggia e anche stavolta è il mercato ittico ad essere sotto accusa: pesce irregolare e lavoro nero, per un totale di oltre 10.000 euro di sanzioni emesse in seguito ai controlli effettuati dai Carabinieri al mercato ittico all’ingrosso di Corso del Popolo.
L’operazione, volta alla duplice indagine in tema di regolarità dei processi di pesca e di lavorazione del prodotto ittico da un lato e di sicurezza sul lavoro dall’altro, ha visto scendere in campo l’equipaggio della motovedetta dei Carabinieri di Chioggia e il nucleo dell’Ispettorato del Lavoro di Venezia. Sono fioccate innumerevoli le denunce su entrambi i fronti: molte le situazioni di irregolarità del pescato, con tonnellate di prodotto al di sotto delle misure minime consentite per legge, così come i casi di omessa formazione sulla sicurezza sul lavoro e di omessa valutazione dei rischi aziendali; per non parlare dei casi di lavoro in nero.

Non mancano neppure le irregolarità nell’etichettatura e nella rintracciabilità della filiera dei prodotti ittici esposti al mercato, cui hanno fatto seguito denunce per frode nell’esercizio del commercio, principalmente legate al falso nella dichiarazione dell’origine del pescato. Le multe oscillano fra i 1.000 e i 3.000 euro, a seconda dell’illecito commesso, e i soggetti colpiti sono prevalentemente ditte con sede legale a Chioggia.

Non è la prima volta che Chioggia finisce nell’occhio del ciclone: il mercato ittico della Laguna Sud non è nuovo alle indagini, né alle prime pagine della cronaca locale.

Già nel corso del 2014 e del 2015 altri blitz delle forze dell’ordine avevano portato al sequestro di ingenti quantità di prodotto trattato e conservato non conformemente a quanto previsto dalla normativa. E anche le condizioni di lavoro e la sussistenza di casi di clandestinità presentano precedenti non sottovalutabili.

Chioggia torna dunque a far parlare di sé a discapito del motore della sua economia locale.

L’attenzione delle forze dell’ordine e dell’ispettorato resta alta, accanto alla diffidenza inevitabile dei consumatori, che da troppo tempo aspettano maggiori garanzie sui prodotti che finiscono sulle loro tavole.

Una questione spinosa ancora aperta che rischia di generare danni sempre più seri all’intero sistema ittico locale.

Emanuela Minasola