Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel mondo vivono 65 milioni di persone con una diagnosi di broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) di grado moderato o severo, che causa circa il 55% delle morti per malattie respiratorie.

In Italia, questa patologia colpisce circa il 5,6% della popolazione adulta (3,5 milioni di persone). Tuttavia, è bene ricordare che di fatto la BPCO è spesso sotto-diagnosticata o non riconosciuta precocemente: la diagnosi, infatti, tendenzialmente avviene soltanto nelle fasi più avanzate, spesso in occasione di un ricovero ospedaliero per riacutizzazione.

Broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO): che cos’è

La Global Initiative for Chronic Obstructive Lung Disease (GOLD) definisce la BPCO come una condizione polmonare eterogenea, caratterizzata da sintomi respiratori cronici (fatica a respirare, tosse, catarro e riacutizzazioni), dovuti ad alterazioni delle vie aeree e/o alveolari, che causano un’ostruzione persistente e spesso progressiva del flusso aereo.

È noto che la BPCO ha un forte impatto a livello cardiovascolare: molti pazienti, infatti, sviluppano patologie in tal senso durante il decorso della malattia.

BPCO: attenzione alle riacutizzazioni

«La progressione della BPCO è molto eterogenea e vi giocano un ruolo sia fattori genetici che ambientali – dichiara Mauro Carone, Presidente di Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri (AIPO-ITS) – Il fumo di tabacco, per esempio, è il principale fattore di rischio, con circa il 50% dei fumatori che sviluppa la patologia nel corso della vita.

E le riacutizzazioni della BPCO sono indicatori chiave della progressione di malattia. Oltre ad accelerare il declino della funzionalità respiratoria e a essere la principale causa di ricovero ospedaliero per BPCO, le riacutizzazioni aumentano il rischio di eventi cardiovascolari, come infarto miocardico e ictus».