Quali comunità energetiche ci sono in Italia? Nel nostro Paese le CER sono situate principalmente nel nord della penisola.
Uno dei primi progetti di comunità energetiche nacque nel 1921 nel comune di Funes, in Alto Adige ed era volto a promuovere e favorire la partecipazione dei cittadini all’interno della cooperativa per lo sviluppo sostenibile della valle. Ma non è tutto: Funes, infatti, ancora oggi è un paese virtuoso. Qui si produce energia da fonti rinnovabili utilizzando impianti idroelettrici, fotovoltaici e a biomassa, cedendo alla rete l’energia in eccesso e reinvestendo i ricavi in progetti legati al territorio.
Le prime comunità energetiche risalgono all’inizio del XX secolo, contemporaneamente allo sviluppo dei primi progetti di produzione e consumo locale di energia elettrica. Successivamente, nel corso degli anni Settanta e Ottanta, sono sorte le prime cooperative di cittadini in Danimarca, Germania e Belgio.
Senza dimenticare che nel corso dell’ultimo secolo Sono in tutta Italia sono nate altre comunità energetiche della stessa natura come, ad esempio, quelle in Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia e Puglia.
Comunità energetiche: i vantaggi economici
Come guadagnare con le comunità energetiche? Partiamo da una premessa: le comunità energetiche di per sé non hanno come fine il profitto: per questo motivo, dunque, le forme più comunemente utilizzate sono quelle dell’associazione.
Tuttavia, visti i recenti rincari dei prezzi dell’energia, il vantaggio economico collegato alle CER desta ugualmente grande interesse. Nello specifico, facciamo riferimento alla possibilità di accedere agli incentivi definiti dal Decreto CER: un contributo a fondo perduto fino al 40% dei costi ammissibili per impianti realizzati nei comuni con meno di cinquemila abitanti e una tariffa incentivante per l’energia rinnovabile prodotta e condivisa dai membri delle Comunità.
L’area di installazione di tali comunità energetiche è spesso in prossimità dei consumatori, per questo si possono costituire comunità di quartiere, comunità agricole, comunità di borgo e così via.
Chi finanzia le comunità energetiche? L’impianto non deve necessariamente essere di proprietà della comunità: può essere messo a disposizione da uno solo o più dei membri partecipanti o addirittura da un soggetto terzo. Grazie ai meccanismi di incentivazione derivanti dall’energia prodotta e utilizzata, la comunità è in grado di produrre un “reddito energetico” da redistribuire. In altri termini, i risparmi energetici si traducono di fatto in cali dei consumi e dei costi in bolletta, a cui si aggiungono i meccanismi degli incentivi del GSE.