“Nel contenzioso che avviammo anni addietro non avevamo interessi commerciali o industriali da difendere, ma esclusivamente una soluzione migliore dal punto di vista clinico ed economico per i malati e i contribuenti del Veneto. Ottenere ragione dalla Corte di Giustizia Europea è, quindi, una enorme soddisfazione”.
Con queste parole, il Presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia, commenta la sentenza interpretativa emessa dalla Corte di Giustizia Europea, su richiesta dal Consiglio di Stato, che ha condiviso in pieno la tesi sostenuta da anni dal Veneto, assieme alla sola Emilia-Romagna, secondo la quale il Servizio Sanitario Nazionale poteva permettere il rimborso ai pazienti delle spese sostenute per la cura di alcune gravi patologie dell’occhio, come la distrofia corneale maculare, usando farmaci autorizzati per patologie oncologiche (come l’Avastin) tuttavia, secondo gli oculisti, molto efficaci e molto meno costosi di quelli autorizzati come oftalmici.
Contro questa impostazione terapeutica, avviata dal Veneto fin dal 2011 su indicazione unanime dei suoi specialisti, avevano ricorso due grandi multinazionali farmaceutiche e il contenzioso era proseguito con vari atti a tutti i livelli di giudizio, fino alla sentenza della Corte Ue.
“Nel sostenere l’opportunità di usare l’Avastin per le maculopatie – ricorda l’Assessore alla Sanità Luca Coletto – avevamo ampie evidenze scientifiche e oggi possiamo dire che il non esserci arresi alle pur comprensibili logiche commerciali è stata la scelta giusta. A parità di effetto clinicamente accertata– fa notare Coletto – era un nostro dovere morale difendere la possibilità di usare un farmaco dieci volte meno costoso di quello che si voleva imporre per usare il quale, già a maggio 2014, conteggiammo una spesa di 15,2 milioni in più. Mi auguro che questa sentenza faccia scuola”.
Davanti alla Corte Ue si erano presentate le Regioni Veneto ed Emilia Romagna, insieme al Governo e all’Associazione degli Oculisti.
La Regione Veneto era rappresentata in aula in Lussemburgo dal professor Bruno Barel, docente di Diritto dell’Unione Europea all’Università di Padova.