L’ospedale mestrino dell’Angelo batte il record di rivascolarizzazioni cerebrali mini invasive per bloccare l’ictus ischemico. Ha superato le 120 procedure l’anno ma è pronto a farne molte di più: “Se al primo sintomo chiamate il 118, riusciamo a trattarvi tutti e con risultati sorprendenti – dice il primario di Neuroradiologia Enrico Cagliari -. Quest’anno abbiamo effettuato il numero più alto di trattamenti di questo tipo mai raggiunto prima nel nostro ospedale. Ne siamo orgogliosi ma il nostro obiettivo è quello di offrire questa opportunità ad un numero ancora maggiore di pazienti che ne hanno bisogno. ”.
“Lavorando in rete gli specialisti dell’Angelo hanno costruito un percorso che permette di prendere in carico e trattare sempre più tempestivamente le persone colpite da ictus, ma ai cittadini chiediamo di contribuire a questa staffetta contro il tempo per combattere i danni di questa patologia – spiega il direttore generale dell’Ulss 3 Serenissima Edgardo Contato -. Qui i pazienti trovano le tecniche più innovative, ma ancora prima di arrivare in ospedale godono delle prime azioni salvavita da parte degli specialisti del Suem, in costante coordinamento con il Pronto soccorso, la Neuroradiologia e la Neurologia”.
La Neuroradiologia interventistica dell’Angelo di Mestre, che gestisce il trattamento invasivo dell’ictus ischemico in fase acuta per la provincia di Venezia dal 2008, ha all’attivo complessivamente circa 400 trattamenti endovascolari all’anno. Il reparto è da sempre all’avanguardia sia per quanto riguarda le diagnostica per immagini delle patologie a carico del sistema nervoso centrale, sia per quanto riguarda il trattamento mini invasivo delle patologie vascolari cerebrali e midollari, con tecnologie estremamente avanzate che richiedono competenze specifiche e preparazione specialistica.
Nel 2022 la Neuroradiologia ha superato così per la prima volta le 120 procedure di rivascolarizzazione endovascolare per ictus ischemico in fase acuta, offrendo a un numero sempre maggiore di pazienti questa opzione terapeutica.
“La consapevolezza da parte della popolazione è aumentata anche grazie alle campagne informative capillari – ricorda Cagliari -. Le nostre tempistiche sono all’avanguardia anche grazie alla comunicazione di dati e immagini in in tempo reale tra gli ospedali dell’Ulss 3. Gli interventi sono veloci ed efficaci anche grazie al potenziamento del trasporto dei pazienti e all’adeguamento del personale dedicato alla gestione di questa delicata patologia: combattiamo ogni giorno allo scopo di migliorare la prognosi dei pazienti colpiti”.
L’ictus ischemico cerebrale si verifica in modo improvviso e inaspettato quando si blocca il flusso di sangue in uno o più vasi sanguigni del cervello. Le possibili cause sono molte, ma la più frequente è la dislocazione di un piccolo coagulo che si forma nella cavità cardiaca (tipicamente in caso di fibrillazione atriale) che viene trasportato dal flusso fino ad incunearsi in uno dei piccoli vasi sanguigni del cervello. L’improvviso arresto del flusso di sangue a livello della zona del cervello colpita, determina un’importante sofferenza delle cellule cerebrali che non ricevono più ossigeno e possono essere perse in modo irreversibile se l’apporto di sangue non viene ripristinato in tempi brevi.
Le manifestazioni dell’ictus ischemico acuto dipendono dalla zona del cervello colpita: il paziente può improvvisamente perdere la capacità di muovere un braccio, una gamba o un’intera metà del corpo o perdere la capacità di parlare o di comprendere ciò che gli viene detto.Questi disturbi possono diventare permanenti o peggiorare qualora non si provveda velocemente a ripristinare il flusso di sangue a livello dell’area colpita.
L’ictus ischemico colpisce nella regione Veneto circa 10 mila nuove persone all’anno, rappresentando la prima causa di invalidità e la terza causa di morte. Negli ultimi vent’anni ci sono stati progressi importanti nella cura di questa patologia. Prima con l’introduzione di farmaci che, iniettati in tempi brevi, possono aiutare a sciogliere il coagulo. Questo trattamento, chiamato “fibrinolisi endovenosa”, ha dimostrato la sua efficacia contribuendo a curare molti pazienti, ma ha anche mostrato dei limiti: in caso di ostruzione di un vaso di calibro più ampio o di coagulo più voluminoso, infatti, la sola terapia farmacologica di solito non basta a riaprire il vaso chiuso.
Il trattamento endovascolare ha colmato questa lacuna. Si tratta di un gruppo di tecniche mini invasive che consentono di entrare nel cervello del paziente senza la necessità di aprirsi un varco attraverso la scatola cranica, ma effettuando una puntura a livello di un’arteria o di una vena periferica (al polso o all’inguine). Attraverso questa puntura si introducono alcuni tubicini miniaturizzati (cateteri) che possono navigare all’interno della circolazione corporea e cerebrale fino a giungere nella zona malata, dove microscopici dispositivi consentono di catturare e rimuovere il coagulo, ripristinando il flusso sanguigno. L’intera procedura viene condotta da operatori con una preparazione specialistica sotto la guida di apparecchi radioscopici dotati di tecnologia estremamente avanzata.