In vista del dibattito che si aprirà col 1 maggio, pubblichiamo qui un intervento preliminare del Presidente di EBiCom Adriano Bordignon

 

“Parlare oggi di mercato del lavoro nel terziario in provincia di Treviso non significa limitarsi ai numeri, ai segni più, ai segni meno, ma avviare una riflessione su come è cambiato il concetto di lavoro, come stanno cambiando le generazioni, cosa ci dobbiamo aspettare dal cambiamento demografico e cosa possiamo fare per costruire un lavoro davvero “buono” ed attrattivo.”

“L’Osservatorio del nostro Ente Bilaterale del Terziario e del Turismo ci restituisce, a fine 2023, una crescita di posti di lavoro nel turismo (+330), una contrazione nei servizi (-415) una sostanziale tenuta dei posti di lavoro nel commercio (+45). Tra le forme contrattuali cresce l’indeterminato (+710), il determinato (+405) e l’apprendistato (+95), mentre ci evidenzia buoni riscontri il lavoro intermittente (+255) e il parasubordinato (+1615). In sintesi, il terziario conferma il proprio ruolo di traino in un contesto dove circa 6 stipendi su 10 derivano da imprese del commercio, del turismo e dei servizi.”

“A fronte quindi di una sostanziale tenuta occupazionale, resta aperto il grande tema, ancora in parte irrisolto, del mismatch, un disequilibrio che nel nostro territorio assume varie forme e passa attraverso: annunci, social, passaparola, agenzie interinali e – solo per una quota bassissima – attraverso i canali pubblici istituzionali come i centri per l’impiego.”

“Il problema del mismatch non è solo quantitativo: interi settori esposti a stagionalità ed a picchi di lavoro hanno questo problema per alcuni mesi all’anno, ma anche qualitativo perché la formazione scolastica delle persone che stanno uscendo dal mercato del lavoro è molto diversa da quella di chi sta entrando. Oggi, in Veneto, almeno un lavoratore su 3 (35% circa) ha un diploma di laurea o post laurea, mentre per la generazione boomers ora in uscita (60-64) lo aveva solo il 15% circa.”

“Sempre pensando alla formazione che incrocia le esigenze del mercato del lavoro, dobbiamo pensare che il mondo della scuola è ancora un cantiere in movimento ed ha come riferimento la struttura riformistica della “Buona Scuola” (2014-2016), con l’entrata in vigore dell’alternanza scuola lavoro poi ridefinita in PCTO, un percorso tanto più utile ed efficace quanto più è forte il legame tra indirizzo scolastico, predisposizione dello studente, selezione dell’impresa e del comparto, capacità di coordinamento del docente, tutti elementi che non sempre coincidono e che in molti casi hanno fatto perdere di valore a questa esperienza che peraltro ha avuto vari ottimi esiti.”

“Il risultato è un mondo a due velocità, anzi tre: la prima è quella del comparto formativo, non cosi veloce da adeguarsi ai mutamenti economici e alla formazione di nuove figure professionali; la seconda è quella delle imprese, sempre più senior nella figura degli imprenditori e degli occupati e non sempre in grado di inserirsi, con l’approccio corretto, nei mutamenti imposti dalla transizione digitale, ecologica e sociale; la terza è quella dei giovani che a differenza dei loro genitori o nonni, molto spesso si trovano a scegliersi  l’impresa e non vengono più semplicemente scelti. Hanno più titoli di studio, hanno accumulato più esperienze, hanno viaggiato, fatto scambi, Erasmus, stage. Hanno possibilità di spaziare con un click, di farsi conoscere, hanno il desiderio legittimo di non accontentarsi di un “qualsiasi lavoro” o tanto meno di un ambiente tossico o stressante. Hanno una quantità di proposte lavorative significativamente più elevata rispetto al numero degli occupabili.”

“Ecco perché è necessario chiudere la narrazione ormai obsoleta del “eh, ai miei tempi” o del “noi si, abbiamo fatto la gavetta” che sembra quella di quelli che guidano guardando solo lo specchietto retrovisore. È tempo di porre le basi per una cultura del lavoro davvero innovativa che ponga al centro una relazione positiva tra il lavoratore, o la lavoratrice, e l’impresa. Un ecosistema capace di produrre strumenti e sistemi innovativi e capacitanti che integrino la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, aumentino l’efficacia e la produttività, sappiano superare il gap generazionale e di genere, integrando il lavoro nel progetto di vita e di crescita delle persone.”

“Entra in gioco quindi una sempre maggiore attenzione a politiche attive innovative, piani di welfare, contributi pubblici e privati come quelli proposti dalla bilateralità, volti a rendere più competitive le imprese e più attraenti i posti di lavoro (anche quelli stagionali), per fare in modo che l’occupazione sia un incontro felice e non un superficiale “ci penso” o “le faremo sapere.”