«L’Industria 4.0 non è il quadro giusto per raggiungere gli obiettivi europei per il 2030». A dichiararlo è l’ESIR, il comitato di esperti indipendenti che fornisce alla Commissione europea consulenza strategica all’interno della direzione generale Ricerca e Innovazione.

Il Green Deal è il piano europeo da 1.000 miliardi di euro per 10 anni, presentato nel 2019 per rendere l’UE a zero emissioni di gas serra entro il 2050.

Industria 5.0: la definizione

Stando alla definizione della direzione generale Innovazione e Ricerca «l’industria 5.0 riconosce il potere del settore di raggiungere obiettivi sociali che vadano oltre i posti di lavoro e la crescita. Di essere un fornitore di prosperità resiliente, facendo sì che la produzione rispetti i limiti del nostro Pianeta. E ponendo il benessere del lavoratore al centro del processo produttivo».

Più radicale, invece, la definizione nel policy brief ESIR pubblicato a gennaio 2022: «Industria 5.0 significa innanzitutto un decisivo allontanamento dai modelli del capitalismo neoliberista. Incentrato sulla produzione a scopo di lucro e sulla “supremazia degli azionisti”, verso un modello più equilibrato di valore nel tempo e una concezione polivalente del capitale. Umano e naturale, oltre che finanziario».

Le caratteristiche

Le caratteristiche principali dell’industria 5.0 sono la centralità degli esseri umani, sostenibilità e resilienza. La prima viene garantita dal rispetto dei tempi umani di produzione e consumo. Dal considerare ciascuna persona lavoratrice un investimento e non una risorsa da sfruttare. E dall’attenzione ai diritti umani fondamentali come autonomia e privacy.

La sostenibilità nelle sue tre dimensioni viene perseguita attraverso la riprogettazione delle catene del valore che servono a produrre e consumare. Il ciclo di vita di ciascun prodotto o servizio viene ottimizzato per evitare l’esaurimento delle risorse naturali e ridurre l’impatto delle attività industriali sulle persone e sull’ambiente.

La resilienza, infine, è data dalla flessibilità dei processi produttivi e logistici. Ciò grazie all’utilizzo di specifiche tecnologie 4.0 e ad una riprogettazione “a chilometro zero” delle reti di approvvigionamento.