L’edizione 2024 di “Pagine d’Organo” domenica 10 marzo a Treviso riserva un evento speciale, con il doppio appuntamento pomeridiano organizzato dalla Fondazione Antiqua Vox, che firma il festival internazionale, diretto da Massimiliano Raschietti, finalizzato alla riscoperta e alla valorizzazione del patrimonio organario di Treviso e dalla Marca Trevigiana.
Nella basilica di Santa Maria Maggiore (inizio alle 15.30) sarà presentato il restauro eseguito per restituire bellezza alla tela seicentesca raffigurante “Sant’Egidio eremita”, attribuita al pittore spagnolo Jusepe de Ribera. Intervengono Franco Moro (storico dell’arte), don Paolo Barbisan (direttore Ufficio Beni Culturali Diocesi di Treviso) e Francesca Faleschini (restauratrice).
Alla presentazione seguirà alle 17.30, nel vicino auditorium di Santa Caterina, il concerto di musiche spagnole risalenti all’epoca in cui visse il pittore spagnolo, eseguito all’organo rinascimentale “Francesco Zanin” (1998) dal maestro Andres Cea Galán. L’intervento di restauro ha visto tra i promotori Stefano Bravo ed Antonio Bigolin come consulente. Economicamente è stato possibile realizzarlo grazie al contributo economico di Antonio Bigolin, Stefano Bravo, Elena Crosato e di un anonimo benefattore. Anche la Fondazione Antiqua Vox vi ha contributo economicamente e organizzato l’evento di presentazione.
Affascinante la storia del “Sant’Egidio”, tela di valore riscoperta fortuitamente dallo storico dell’arte Franco Moro insieme a Claudio De Nardo (presidente di Antiqua Vox), durante una visita nella sagrestia vecchia della basilica, dove era custodita l’opera, ritrovata in condizioni di degrado e “compromessa” dal tempo. Si riteneva che vi fosse effigiato Sant’Onofrio, ma l’opera di pulitura ha portato in rilievo particolari rimasti celati a lungo, che hanno determinato una diversa titolazione.
L’ha eseguita Francesca Faleschini, restauratrice padovana che ha riportato all’originario splendore anche l’Annunciazione del Tiziano, nel Duomo di Treviso. Si deve alla competenza di Franco Moro l’intuizione che ha tratto dall’oblìo l’opera di un pittore spagnolo naturalizzato a Napoli, Jusepe de Ribera (1591 – 1652), uno dei maggiori maestri del Seicento, tra i primi ad aver raccolto e interiorizzato le novità introdotte da Caravaggio. Il restauro ha rivelato le parti nascoste da pesanti ridipinture e sono emersi gli elementi simbolici per ridefinire il santo raffigurato: il bastone a forma di tau, il rosario, le fogli di vite, il teschio e la cerva.
L’eremita si riconosce nel raro Sant’Egidio, raffigurato seduto sulla nuda roccia, il corpo scarnificato, la fronte aggrottata, il volto scavato, il gonfiore sotto gli occhi infossati, arrossati e umidi di pianto, il naso affilato e la barba graffiata e fluente fino alle mani rugose, coperto delle soglie come perizoma, in preghiera, accompagnato dallo sguardo amorevole della cerva che a lui si rivolge. La composizione si inquadra in un ristretto repertorio di santi eremiti a figura intera, mostrando di appaiarsi agli esiti straordinari del Ribera, quale risultato compatibile all’impaginato del San Paolo eremita (firmato) del Museo del Louvre di Parigi, noto in altre redazioni, e al San Gerolamo penitente del Museo del Castello Sforzesco di Milano.
Sulla provenienza del Sant’Egidio di Santa Maria Maggiore ci sono scarse informazioni, se si esclude l’inventario di Luigi Coletti del 1935, che però lo riteneva un “San Gerolamo”, opera “anonima veneta non spregevole del XVII secolo di derivazione riberesca”. La tela, nell’eventualità venisse confermata l’antica origine trevisana, risulterebbe essere uno dei paradigmi della lezione riberesca sulla pittura veneta della realtà e del lascito per i seguaci caravaggeschi a Venezia, di quella corrente pittorica veneta che si ispira a tale visione, conosciuta con il nome di tenebrismo, ben prima della lezione trasmessa dalle opere di Luca Giordano.
Il Seicento di Jusepe de Ribera sarà ricostruito dalle musiche di compositori della sua epoca: Giovanni Salvatore, Giovanni Maria Trabaci, Bernardo Storace, Francisco Correa de Arauxo Giovanni de Macque, Pablo Bruna e Joseph Jiménez. Al pubblico di “Pagine d’Organo” saranno proposte dal maestro spagnolo Andres Cea Galán (Jerez de la Frontera, 1965), organista che si è perfezionato alla Schola Cantorum Basiliens (Svizzera), specialista del repertorio musicale per strumenti antichi e consulente per il restauro di organi, direttore dell’Instituto del’Órgano Hispano, progetto per la preservazione, il restauro e la promozione degli organi storici in Spagna, Portogallo, Messico, Sudamerica e Filippine. “L’itinerario sonoro che fa da sfondo al percorso spirituale dell’eremita si basa sulle composizioni di maestri napoletani e spagnoli operanti nella prima metà del Seicento”, afferma nel programma di sala il maestro Elia Pivetta, “Ribera è il maestro del colore, dove trionfano i contrasti netti tra luce e oscurità; questi musicisti dipingono quelle stesse opposizioni all’organo, in un nitido alternarsi di dolci consonanze e crude dissonanze”.