La festa del Redentore è storicamente uno degli eventi più cari ai veneziani, quello che ricorda la costruzione nel 1576 della chiesa del Redentore, quale ex voto per la liberazione della città dalla terribile pestilenza che in laguna provocò la morte di più di un terzo della popolazione in soli due anni. Una celebrazione diventata poi una tradizione perenne, ancora viva e attiva ai nostri giorni anche se sono trascorsi quasi cinque secoli.
Il sabato che precede la terza domenica di luglio (non è sempre il terzo sabato del mese) viene aperto un lungo ponte votivo fatto tutto di barche, allestito sul canale della Giudecca. collegando così l’isola con le Zattere, all’altezza della chiesa dello Spirito Santo, e consentendo di raggiungere a piedi la chiesa del Redentore.
A inaugurare i festeggiamenti 2015 sarà, come sempre, la benedizione del Patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, cerimonia che avrà luogo alle 19 di sabato 18 luglio sulle gradinate del Redentore nel momento dell’apertura del ponte. Subito dopo la folla comincerà la sua processione verso la Giudecca, ci sarà anche la prima celebrazione eucaristica, quella serale, alla quale seguiranno quella notturna e quella della domenica mattina, in programma per le ore 10.
Al di là del carattere religioso, la festa attira da sempre moltissimi turisti per un grande e colorato spettacolo di fuochi d’artificio che si tiene sabato alle 23.30, proprio sul bacino di San Marco. Uno spettacolo pirotecnico lungo quasi mezz’ora che, come da tradizione, sarà seguito oltre che dai turisti dalle rive, da tantissimi veneziani a bordo di barche d’ogni tipo, addobbate, illuminate e piene di cibo.
Infine il pomeriggio di domenica 19, l’atteso appuntamento per le tre regate competitive di imbarcazioni tipiche veneziane, l’ultima con i campioni del remo e i loro gondolini, che attraggono a loro volta un pubblico vasto e proveniente da tutto il mondo e hanno anche, da diverso tempo, la copertura in diretta televisiva da parte della Rai.
Gigi Fincato
Una festa per tutti, anche in Terraferma
Questa festa del Redentore sarà anche la prima edizione vissuta da primo cittadino per Luigi Brugnaro. Per far vivere a tutti la festa, il neo sindaco di Venezia ha pensato un Redentore “diffuso” con fuochi d’artificio non solo in bacino San Marco ma anche in altre parti del territorio, soprattutto in terraferma: a San Giuliano, Malcontenta, Favaro, alla Gazzera e a Pellestrina. Costo dell’operazione circa 20mila euro in più rispetto agli 80mila previsti per la Notte Famosissima.
La preziosa basilica del Palladio
alle radici della tradizione
La basilica del Santissimo Redentore, più nota semplicemente come chiesa del Redentore, è – insieme a quella di San Marco – l’edificio religioso più importante di Venezia. Fu progettato da un archistar dell’epoca, il padovano Andrea Palladio (cognome d’arte, in quanto pseudonimo di Andrea di Pietro della Gondola). All’interno sono esposte opere di grandi della pittura, come Domenico Tintoretto, Paolo Veronese, Palma il Giovane, Francesco Bassano, Alvise Vivarini, Pietro della Vecchia, oltre a diverse statue in marmi e sculture in bronzo di vari artisti.
La sua storia inizia nell’estate del 1575, quando scoppia una terribile epidemia di peste, che in due anni provocherà 50mila morti, quasi un veneziano su tre. Nel settembre del 1576, quando il male sembra invincibile dagli sforzi umani, il Senato della Serenissima chiede l’aiuto divino, facendo voto di realizzare una nuova chiesa intitolata al Redentore. Scegliendo rapidamente fra diverse opzioni circa forma, localizzazione e progettista cui affidare la costruzione, nel maggio del 1577 si pone la prima pietra del progetto di Andrea Palladio, che dal 1570 era il proto della Serenissima, cioè l’architetto capo della Repubblica Veneta. Il 20 luglio successivo si festeggia la fine della peste, con una processione che raggiunge la chiesa attraverso un ponte di barche, dando così inizio alla tradizione.
La chiesa è destinata ai padri Cappuccini, che ne determinano sia l’impianto planimetrico, secondo il modello dei Francescani osservanti, sia la scelta, in ossequio alla loro Regola di povertà, di rifuggire l’uso di marmi e di materiali pregiati, preferendo mattoni e cotto, anche per la realizzazione dei bellissimi capitelli all’interno della chiesa. Per la planimetria Palladio si rifà alle antiche terme di Agrippa e studia soluzioni raffinate per l’interno. Il famoso architetto muore, però, nel 1580 e il progetto viene portato a termine dal nuovo proto, Antonio da Ponte, nel 1592, con pochi rimaneggiamenti nei secoli successivi.
L’interno è a navata unica, con cappelle laterali imponenti e decorate. Grande importanza ha la luce, come in tutte le opere palladiane, vera protagonista dell’interno, che valorizza volumi e decorazioni. L’edificio ha una pianta rettangolare, con una grande cupola centrale, mentre la facciata in marmo bianco è uno dei più significativi esempi dell’ispirazione classica che rese famoso Palladio.
Infine una curiosità poco nota: il duomo dei santi Pietro e Paolo di Villafranca Veronese è una copia pressoché identica della chiesa veneziana del Redentore.
Gigi Fincato
Foto Credit:
– Chiesa del Redentore di Didier Descouens – Opera propria. Con licenza CC BY-SA 4.0 tramite Wikimedia Commons
– Ufficio Stampa Patriarcato di Venezia