Il comitato “Prima i Trevigiani”, nato per vigilare con occhio attento sulla gestione pubblica degli eccezionali flussi migratori ospitati a Treviso, ci ha segnalato come il parcheggio Appiani sia stato ancora usato utilizzato come dormitorio dai profughi: secondo il comitato, una volta ottenuto il tanto agognato status di rifugiato, essi escono dal sistema d’accoglienza e vengono messi letteralmente in mezzo ad una strada, costretti a cercare alloggi di fortuna, che trovano in quella zona.
Il comandante dei vigili Tondato ammette che la situazione è ormai fuori controllo, ed anche se ogni tanto decidono di sgomberare l’area, questi individui tornano la sera stessa, rendendo il posto invivibile a causa degli odori.
“Questa è la Carità Cristiana dunque (tanto esaltata dai preti e dai nostrani paladini dell’accoglienza” dice il comitato ‘Prima i Trevigiani’ -, “visto che sono stati dichiarati veramente profughi e per loro non ci sono più fondi messi a disposizione da spartirsi, vengono scaricati dai centri di accoglienza e mollati per strada a cercare fortuna.”
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“Siamo curiosi di sapere poi come questi immigrati possano cercare di guadagnare qualche euro per poter mettere qualcosa sotto i denti, ma forse abbiamo paura di saperlo già, spaccio e piccoli furti è la soluzione che hanno, loro malgrado tra l’altro, visto che l’Italia gli era stata dipinta come la “terra promessa” e come un posto dove andare in cerca di sicura fortuna.”
Secondo “Prima i Trevigiani”, cadrebbe anche la tesi di chi continua a sostenere che i migranti vengano in Italia solo di passaggio, per poi andare nei paesi del nord. La chiosa del comitato giudica la situazione con parole molto forti:
“Questi sono i risultati di un’accoglienza fallimentare sotto tutti i punti di vista, che mira solo a far guadagnare soldi facili alle cooperative rosse ed a chi li ‘accoglie’.
Nella nostra città non è tollerabile che ci sia una situazione del genere, ci auguriamo che venga messa fine a tutto ciò. Queste persone non devono stare in Italia, ma subito allontanate, in quanto migranti economici e non veri profughi di guerra.”