Le emozioni di Roberto Grande emozioni nello scalare in bici, in solitaria, le tre Cime di Lavaredo, e tornarci poi nel maggio 2023 per l’arrivo di tappa del Giro d’Italia

 

Riceviamo e pubblichiamo volentieri questo pensiero personale di Roberto Grande, – noto appassionato di ciclismo e cicloamatore – sul mondo della bicicletta, la fatica di pedalare, la poesia delle due ruote, le salite, il ciclismo eroico, le nostre montagne e i nostri campioni.

“Per i miei “primi” 40 anni mi son fatto (con qualche giorno d’anticipo) un regalo un po’ speciale: la “scalata” in bici fino al Rifugio Auronzo, quota 2.333 mt s.l.m., sotto le Tre Cime di Lavaredo, Belluno, Veneto: uno dei più bei posti AL MONDO. Facebook si fa chiamare “diario”, ed allora è giusto che io provi a fissare qui, sul mio diario del 2015, i ricordi e le emozioni di questa AVVENTURA…”

“Salendo da Auronzo di Cadore, si incontra il Lago di Misurina alla destra della strada. Tra il Lago e la strada trovo una suora che mi rivolge un saluto e mi chiede: “va alle Tre Cime?” ed io: “Beh… ci provo!”. Dopo il Lago c’è la deviazione con la scritta “strada panoramica”. Vedo il cartello con la freccia “TRE CIME”… mi tremano le gambe. Vicino al Lago il cardiofrequenzimetro segnava 115 bpm (è pianura), ma alla vista del cartello salgo a 130 bpm: mi chiedo se reggerò all’emozione! Subito dopo la deviazione la strada impenna fino al 16%: sono 800 metri di buon “antipasto” a quello che mi aspetta. Alla vista della fine dello “strappo”, presso il Lago Antorno, mi lascio un po’ prendere dalla foga e rischio un “fuorigiri” a 174 bpm.”

“Ma mi tranquillizzo, respiro, e arrivo su. Poi c’è un tratto piano, ed addirittura una discesa. Scendo fino a 120 bpm: buon segno, significa che ho ancora recupero. Incontro il “casello” dove i mezzi motorizzati pagano il pedaggio (24 euro le auto e su, fino ai 105 euro dei pullman oltre i 30 posti). Le bici sono esentate, e mi chiedo quanti avrebbero volentieri pagato in cambio di essere almeno un po’ motorizzati. Incrocio un gruppetto di tre ciclisti che tornano indietro (e ne troverò altri quattro singoli sparsi lungo il percorso: come cicloamatore non sono proprio un mattiniero!). Al casello c’è un cippo molto spartano che dice “Tre Cime – 6 km”. La discesa prosegue e tocco i 54 kmh. Chissà perché deve esserci una discesa così se poi bisogna soffrire per risalire… Ma il tempo della risposta non c’è. Una curva a destra “sorpassa” una malga sulla sinistra. So che da qui inizia la salita senza più interruzioni.”

“L’inizio è “dolce”: un paio di rampe e tornanti al 12%, niente di speciale. Poi viene il bello: un lungo rettilineo (credo sia oltre un chilometro), che non è tutto dritto – dritto, ma che non ha respiro. Si va (a occhio) dal 14 al 16%. Qui un po’ maledico l’idea di salire quassù! Non si vedono montagne appaganti, solo la strada che sale dritta davanti. Mi distrae soltanto qualche auto che mi supera, ma soprattutto il rumore e la visione dell’elisoccorso che passa nella valle del monte Piana, probabilmente per aiutare qualcuno in difficoltà. Al termine del rettilineo intravedo uno spiazzo, prima di un tornante a sinistra e penso “adesso mi fermo lì, tanto non mi vede nessuno”. Ma quando sorpasso le rocce che prima mi ostruivano parzialmente la visuale, vedo che ci sono già dei turisti: un paio saliti in auto ed un paio arrivati a piedi dal sentiero. Non posso fare brutte figure! Sorrido e tiro dritto, mentre un uomo mi chiede retoricamente: “dura, eh?” ed io faccio finta di avere il fiato per rispondere “un po’…”. Ma, appena fatto il tornante, cambia il mondo: vegetazione quasi a zero, rocce, alla sinistra la prima Cima e di fronte la strada che tocca il 18%.”

“Sento la sensazione di essere entrato nel tempio del ciclismo, o di essere tra le mani del Creatore. Non sono esattamente la stessa cosa, ma col cardiofrequenzimetro fisso a 163 bpm i pensieri non fluiscono più regolarmente… Il tratto che segue è terribile. Solo salita, mai sotto il 16%, nemmeno nei tornanti! Mi sforzo di respirare regolarmente e di non seguire il mio vecchio maledetto instinto da scalatore che, quando sente “duro” sotto i pedali, mi scatena il riflesso di mettere le mani basse sul manubrio e “pestare” di più. Ripenso ai miei “miti”: Gianni Bugno, Marco Pantani e a quel Riccardo Riccò che mi aveva ancora fatto innamorare quando nel 2007 vinse quassù al Giro d’Italia. Ricordo Lucio Herrera che vinse nel 1989, al Giro che fu di Fignon, e ricordo i racconti di mio papà sulle battaglie di Merckx, Baronchelli, Battaglin…”

“Mi torna in mente Candido Cannavò, storico direttore siciliano della Gazzetta dello Sport, che aveva un debole dichiarato per le Dolomiti, il Cadore e per l’arrivo al Rifugio Auronzo. Questi ricordi “addolciscono” la strada, e di sicuro impegnano la mente quel tanto che basta per lasciare al cuore ed alle gambe di coordinarsi al meglio nello sforzo. Ormai manca poco più di un chilometro ed l’arrivo è li sopra: ancora alto, ma ora ben visibile. Ancora un paio di tornanti e vedo il rettilineo finale: tutto dritto fino al parcheggio. E’ una situazione stranissima: il traguardo è vicino, la fatica sembra svanire, ma in un attimo mi accorgo che la strada sale ancora forte, tra le rocce e sotto il sole.”

“Ma non me frega più niente: ormai ce l’ho fatta e, piccole punte d’orgoglio, nessuna bici mi ha superato e soprattutto non ho mai messo il piede a terra! Ora posso anche andare su a tutta, anche se alla fine non supererò comunque i 174 bpm. Arrivato al Rifugio la sensazione è INDESCRIVIBILE. Ho il sapore dell’impresa in bocca, una gioia immensa, la commozione fino alle lacrime… Scrivo messaggi, scatto foto ed il selfie che pubblico qui. Anche mio papà è salito quassù per la prima e unica volta con la bici a 40 anni. Il più grande rimpianto è che non ci siamo mai saliti insieme, però oggi, in qualche modo, so di avere fatto qualcosa che ci legherà per sempre… ed infatti, neanche se lo sentisse, circa mezz’ora dopo il mio arrivo in vetta mi ha telefonato dal mare, dov’è in vacanza.”

“Ai miei figli, poi, ho detto sorridendo: a voi il compito di proseguire questa tradizione! Forse resterà per sempre una battuta… Però io intanto oggi il mio compito l’ho assolto. Nessuna sofferenza, nessuna fatica e nessun dolore possono scalfire la soddisfazione di oggi!”

“Un grazie a tutti coloro i quali, sapendo del mio proposito, mi hanno incoraggiato. Un grazie anche a coloro che per i 40 anni mi avevano detto che forse era meglio pensare ad una festa in piscina con tanti calici pieni di bollicine. Ma il grazie più grande va a mia moglie, che dopo essersi subita per anni questa mia “fisima”, in questi ultimi giorni mi è stata di incoraggiamento, supporto logistico e che non mi ha mai dato modo di dubitare che ce l’avrei fatta… Nonostante lo scarso allenamento in salita e una discreta “pancetta”, ho percorso gli ultimi 7,2 km ed i 4 km finali con un dislivello di 477 metri, in 50’ e 51’’. Chissà se ci tornerò… Viva la Vita, il Creato, la Libertà!!!”