Ricostruzione e solidarietà si scontrano con un nuovo allarme.

Era l’8 luglio, poco meno di un anno fa, quando un tornado terribile e inaspettato si è abbattuto lungo la Riviera del Brenta. Dolo, Mira e Pianiga colpite nel profondo: 1 morto, 87 feriti, 432 case distrutte o pesantemente danneggiate, 15 ville venete intaccate nel cuore del patrimonio che da secoli custodivano. Un danno ingente per i Comuni interessati, ma anche per il territorio circostante, per un totale di 91 milioni e mezzo di euro.
Tra mille difficoltà e la sofferenza diffusa di chi ha perso tutto, la ricostruzione a poco a poco è ripartita, soprattutto grazie ai fondi messi a disposizione dal Governo e dalla Regione, allo sblocco del patto di stabilità e alla solidarietà prontamente dimostrata dai comuni limitrofi, dalle tante associazioni e dai cittadini di tutt’Italia, ma anche da parte di personaggi di spicco del mondo dello spettacolo, uniti in manifestazioni per la raccolta fondi a sostegno delle famiglie in
difficoltà.

A quasi un anno dal dramma, gli sforzi raccolti da più fronti hanno sortito i primi significativi effetti, ma un nuovo allarme getta angoscia fra i residenti della Riviera: nella frazione di Arino, Dolo, scatta l’emergenza amianto.

E’ proprio dallo scorso 8 luglio, infatti, che i cittadini della zona sono costretti a convivere con migliaia di pezzi di eternit sparsi dentro e fuori un grande capannone industriale colpito dal tornado, quello della ex Baldan Costruzioni Serramenti in alluminio, già in stato di abbandono da quasi 20 anni. Asl, Spisal e Comune sono a conoscenza della situazione, ma la bonifica ha incontrato nei mesi numerosi ostacoli e rallentamenti a causa dell’indisponibilità economica dimostrata dal curatore fallimentare. Quello dell’eternit, tuttavia, non è un problema circoscritto al Comune di Dolo. Anche la zona industriale di Mira, a Gambarare, versa, infatti, in una situazione simile, rendendo l’emergenza e la necessità di intervento sempre più urgenti, al fine di garantire la salvaguardia della salute di chi si è già visto privato della propria casa e, in molti casi, del proprio lavoro.

Segnali di speranza e ricostruzione si alternano, quindi, a criticità persistenti, per cui i cittadini sono determinati a sollecitare l’intervento delle istituzioni e pronti ad unirsi ancora una volta nel segno della solidarietà e del comune desiderio di riappropriarsi della propria quotidianità, in un ambiente sano. Anche per questo motivo, forte è la richiesta di un intervento ambientale, volto a ristabilire, oltre alle architetture, anche l’assetto naturalistico e paesaggistico sventrato dal tornado, purtroppo impossibile da ricostruire con i soli mattoni e il solo cemento.

Emanuela Minasola