La Guardia di Finanza di Venezia nel corso dell'indagine
La Guardia di Finanza di Venezia nel corso dell'indagine

La Guardia di Finanza di Venezia ha dato esecuzione all’ordinanza emessa dal Giudice
per le Indagini Preliminari del Tribunale del capoluogo, su richiesta della Procura della
Repubblica di Venezia, con la quale sono state disposte 10 misure cautelari personali, di
cui 4 arresti domiciliari e 6 divieti di dimora nella Municipalità di Marghera e di assunzione
di incarichi direttivi imprenditoriali, nei confronti di altrettanti soggetti per i quali sono stati
acquisiti gravi elementi relativi a una vasta frode fiscale e di condotte di sfruttamento della
manodopera.
Con lo stesso provvedimento è stato disposto il sequestro preventivo, anche per
equivalente, di disponibilità finanziarie, beni mobili e immobili riconducibili agli indagati per
circa 1,3 milioni di euro. Sono altresì state eseguite 10 perquisizioni in provincia di
Venezia.
Le operazioni s’inquadrano nell’ambito di una complessa indagine di polizia giudiziaria
dirette dalla Procura di Venezia e delegate al Nucleo di polizia economico finanziaria di
Venezia che ha svelato gravi elementi di un sistema fraudolento finalizzato a sfruttare i
lavoratori dipendenti, formalmente assunti in maniera regolare, ma retribuiti con il
meccanismo illecito della “paga globale”, in virtù della quale il lavoratore verrebbe
retribuito, a prescindere dalle previsioni del contratto nazionale di categoria del settore,
con una paga oraria forfettaria, regolarizzata mediante la predisposizione di
documentazione contabile solo formalmente regolare.
In particolare, dalle indagini è emerso che 7 società gestite da imprenditori di nazionalità
albanese avevano ottenuto commesse per la realizzazione di opere di cantieristica navale,
per la cui esecuzione veniva impiegata manodopera straniera retribuita in misura di molto
inferiore rispetto ai livelli stabiliti dal Contratto Collettivo di Lavoro per la categoria.
Tale modalità di retribuzione è stata accertata a seguito del controllo contabile delle buste
paga, che recavano l’inserimento di voci artificiose, quali “anticipo stipendio”, “indennità di
buono pasto”, “anticipazione TFR” e tredicesima mensilità, di fatto mai erogate al
lavoratore dipendente. Al fine di obbligare i lavoratori extracomunitari a sottostare alle
imposizioni del datore di lavoro, si sarebbe fatto leva sul loro stato di bisogno e sulla
necessità di poter ottenere una proroga del permesso di soggiorno per rimanere in Italia.
Oltre agli episodi di sfruttamento, che hanno riguardato 77 lavoratori, sono stati individuati
concreti elementi di fenomeni fraudolenti finalizzati ad evadere le imposte dirette e l’Iva
mediante ricorso a false fatturazioni, per un importo di oltre 6 milioni di euro, avvalendosi
della connivenza di uno studio di consulenza che si occupava materialmente di
predisporre ed emettere le false fatture, nonché ad individuare degli stratagemmi contabili
per trasferire il denaro all’estero.
Complessivamente le indagini hanno coinvolto 14 soggetti, che risultano indagati, a vario
titolo, per reati di sfruttamento dei lavoratori e frode fiscale, e 7 società che rispondono a
tiolo di responsabilità amministrativa per le condotte illecite poste in essere dai loro
dirigenti.
Nei mesi scorsi, nell’ambito di un parallelo medesimo filone investigativo, i finanzieri del
Nucleo di polizia economico finanziaria avevano già eseguito alcuni sequestri preventivi di
beni, per l’importo di circa 475.000 euro, nei confronti di altre 4 società gestite da soggetti
bengalesi che avevano attuato analoghe condotte di sfruttamento dei lavoratori dipendenti
e frode fiscale. In questo ambito, è stato rilevato un sofisticato meccanismo tendente ad
eludere i controlli amministrativi. Infatti, le aziende implicate per far validare gli ingressi sul
posto di lavoro utilizzavano una macchina identica a quella in funzione sul posto di lavoro
con la quale, per dare parvenza di regolarità alla contabilità ufficiale, venivano timbrati a
posteriori i cartellini di ingresso/uscita dai cantieri degli operai, con orari non veritieri, allo
scopo di allineare i dati delle ore lavorate con quelli risultanti nelle relative buste paga
compilate rispondendo allo stratagemma della “paga globale”. La macchina era stata
acquistata dopo l’inizio delle indagini ed era stata abilmente occultata presso l’abitazione
privata di una ex impiegata, lontano da occhi indiscreti, ma che comunque è stata
rinvenuta e sequestrata dai finanzieri in sede di perquisizione. Anche in questo caso sono
emersi gravi elementi di una frode all’Erario mediante l’utilizzo di fatture per operazioni
inesistenti emesse da imprese compiacenti, gestite sempre dallo stesso professionista di
Noventa di Piave, per un importo di oltre 1 milione di euro. Le false fatture venivano
emesse per fantomatiche consulenze tecniche o lavori di carpenteria, che non sarebbero
mai avvenuti, in quanto le società emittenti non sono risultate avere le professionalità
adeguate per tale di tipo di consulenze o i loro dipendenti non si erano mai recati nel
cantiere dichiarato in fattura.
Tra i beni sequestrati vi sono 8 immobili siti nei comuni di Venezia, partecipazioni
societarie, polizze assicurative, orologi di pregiate marche (tra cui Rolex, Cartier, Hermes),
una autovettura Porche Cayenne, oltre al denaro rinvenuto nei conti correnti riconducibili
agli indagati ed alle società.