A meno di una corsa dell’ultimo minuto alla sottoscrizione dell’aumento di capitale la campagna avviata dai grandi soci per cercare di mantenere il cuore di Veneto Banca ancorato al territorio pare destinata ad un grande flop.

Nessun miliardo

Ieri infatti, alla vigilia del termine dell’offerta in opzione ai soci di Veneto Banca, il book da un miliardo di euro dell’aumento di capitale risultava coperto all’ 1%, vale a dire un controvalore di circa 10 milioni di euro. Almeno secondo quanto riferiscono all’Ansa fonti vicine all’operazione: un dato che avvicina sempre più il destino dell’ex popolare di Montebelluna a quello di Vicenza, fagocitata nella pancia del Fondo Atlante. Se tutto ciò dovesse essere confermato si tratterebbe infatti di numeri lontanissimi rispetto al miliardo di euro necessario allo sbarco in Borsa. Ma anche molto distanti dai pronostici fatti all’avvio della campagna di sottoscrizione quando il presidente dell’Associazione Per Veneto Banca, Bruno Zago, aveva parlato in toni ottimistici. Si era parlato addirittura di “ipotetici” 600 milioni di euro: una quota così alta da mettere in discussione l’ingresso di Atlante (legato a doppio filo ad una condizione non negoziabile, il possesso di una quota di controllo) e che aveva spinto il presidente dell’istituto, Stefano Ambrosini, a chiedere di “contenere certe dichiarazioni in una fase così delicata”. Oggi siamo giunti alla resa dei conti, in un clima delicatissimo in cui si susseguono gesti disperati da parte dei risparmiatori. Ieri a Mansuè, l’ennesimo azionista che ha visto volatilizzarsi i risparmi di una vita, è entrato nella sua filiale di riferimento armato di taglierino per chiedere la restituzione dei suoi soldi.

Le tensioni

Ma la tensione è oramai palpabile anche tra gli stessi soci: il fronte inizialmente coeso contro il bulimico Atlante pare sfaldarsi di fronte a un destino che, salvo improbabili colpi di scena, non potrà che ricalcare le orme obbligate della sorella vicentina. Il riferimento va all’avvocato Loris Tosi, tra i fondatori dell’associazione grandi soci, circa le previsioni di successo dell’aumento di capitale, rimarcando che «Zago avrebbe parlato a titolo personale», aggiungendo che, «l’associazione opera senza alcun patto di sindacato, ciascuno dunque è libero di attivarsi come meglio crede». Dichiarazioni su cui Zago ha preferito non infierire, sottolineando come non fosse «il momento di fare polemica, ma piuttosto di rimanere uniti per portare a casa un obiettivo comune». Ma che l’obiettivo, il miliardo o quantomeno la quota di maggioranza dell’aumento, fosse più che mai lontano, era già risultato evidente al patron della Progest negli ultimi giorni quando per la prima volta aveva aperto a margini di trattativa con il Fondo Atlante, «sia nel caso in cui avremo in mano la quota di maggioranza, ma anche di minoranza», aveva dichiarato. L’unica cosa certa è che oggi scadrà il diritto di opzione per gli attuali azionisti, mentre l’offerta istituzionale si chiuderà venerdì 24 giugno.

La Borsa

Lo sbarco in Borsa, che avverrà solo se ci sarà un flottante sufficiente, è previsto per il 30 giugno. Ma da quanto si apprende dall’Ansa oramai appare scontato l’arrivo di Atlante con una partecipazione simile a quella detenuta nell’ex cassaforte vicentina, attorno al 99%.

Gian Nicola Pittalis

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