Ne avevamo già parlato nel nostro numero in edicola a Marzo, ma, con il Pride di Treviso il tema è tornato di attualità: quello delle unioni civili e del Treviso Pride parliamo anche nell’edizione cartacea di questo mese. Avevamo focalizzato la nostra attenzione su Treviso e Venezia e, Manildo non si è tirato indietro. «Da stamattina mi risuona in mente una canzone, “All you need is love” dei Beatles. Ed è vero, ogni persona merita il rispetto e la possibilità di amare. Questo rispetto e questa tutela dobbiamo garantirli come comunità. Per questo il desiderio che condivido con voi oggi, in questa Treviso a colori, è di una città inclusiva, garante dei diritti, che salvaguarda la libertà altrui quando è sinonimo di rispetto dell’altro». Sono le sue parole.

Il vero significato

Un segnale forte: «Tutti diversi e pure in questa diversità tanto uguali, grazie a tutti». E gli organizzatori del Pride hanno ringraziato il Comune, in testa Antonio Monda, presidente del comitato Treviso Pride 2016, che ha detto dal palco: «Ringrazio la città di Treviso. Il prossimo che dice che Treviso è una città chiusa è un bugiardo. Treviso non è chiusa, è apertissima e infatti ha risposto benissimo». Ancora Manildo: «Ringrazio gli organizzatori e tutte le persone. La città è stata aperta a chi manifesta per vedere tutelati i propri diritti, e in questo senso credo che il disegno di legge Cirinnà abbia rappresentato una grande conquista, una città aperta a chi crede nel rilancio cittadino. Per quanto ci riguarda credo che il compito delle istituzioni democratiche sia quello di costruire legami di libertà e solidarietà. Treviso a colori dunque come città dei diritti. Qualcuno ha detto che questa apertura in passato non sarebbe mai potuta esistere: io dico guardiamo al futuro e alla crescita della nostra città».

Il parere di Arcigay

Su un tema così attuale e delicato, avevamo già sentito il parere di Alessandro Pinarello, coordinatore della sezione giovani di Arcigay e consigliere nazionale di Arcigay. «Ben venga il Pride per ribadire con fermezza i nostri diritti ma bisognava pensarci già diversi anni fa. Ora finalmente la politica comincia a dare risposte concrete alle nostre istanze, seppur in misura decisamente limitata. All’interno della Comunità Europea l’ultimo paese rimasto senza legislazioni a tutela della collettività LGBT era proprio l’Italia». Per Pinarello manca però ancora un passo. «L’istituto delle unioni civili è riservato esclusivamente alle coppie same-sex. In realtà ciò che cambia sono le disposizioni circa l’istituto delle convivenze di fatto. In base a quanto previsto dalla nuova legge, infatti, saranno considerati conviventi di fatto “due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità? o adozione, da matrimonio o da un’unione civile.” L’accertamento di tale stato di convivenza avverrà tramite una “dichiarazione anagrafica” che la coppia dovrà presentare presso gli uffici comunali. Da tale dichiarazione poi potranno derivare, ove desiderato, diritti e garanzie prima non accessibili ai conviventi. Ciò ovviamente però riguarda le convivenze indipendentemente dal genere e dall’orientamento sessuale di coloro che le vivono. Sicuramente da adesso c’è una regolamentazione che garantisce alle coppie omosessuali di godere dei diritti civili fondamentali quali la reciproca assistenza, la reversibilità della pensione e il diritto al subentro nei contratti di locazione. Un passo in avanti notevole quanto doveroso.

L’adozione

Rimane l’unico punto su cui la lotta non si fermerà. «Come contro percepiamo un gap ampissimo tra le legislazioni riservate alle coppie eterosessuali e quelle riservate alle coppie same-sex. Una su tutte l’impossibilità di adottare figli o di veder riconosciuti per un/una coniuge i figli naturali o legittimi del/la partner (Stepchild Adoption, nel nostro paese già presente dal 1983 per le coppie eterosessuali)».

Gian Nicola Pittalis

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