Alberto Pomini, portiere del Venezia FC, ha incontrato la stampa in conference-call. 
Innanzitutto Alberto: nel corso della tua lunga carriera hai già ottenuto una promozione dalla B alla A, con il Sassuolo. in base quindi alla tua esperienza, pensi che le sensazioni siano positive, in tal senso, anche per il Venezia? Sappiamo che la parola promozione è quasi un tabù, però visto come sta andando non è illecito sognare.
“Non mi piace dire, come fanno tutti, in maniera scontata: “no, dobbiamo rimanere coi piedi per terra”. Secondo me è giusto crederci, nel senso che in questo momento ci sta girando anche tutto bene, però non credo che questo sia un caso o perché siamo fortunati: gira bene perché comunque stiamo cercando che gli episodi girino a nostro favore. Poi, se dobbiamo guardare chi è con noi in campionato, sappiamo benissimo la forza sia di chi è sopra sia di chi è sotto. Però io penso che, in questo momento, sia giusto non porsi limiti consapevoli del fatto che comunque penso che il 99,9% di noi, al Venezia, avrebbe messo non dico 10 firme col sangue a trovarsi in questo momento al secondo posto in classifica, ad inizio anno, forse anche il 100%! Però, se siamo arrivati qui dopo tutte queste giornate, è perché comunque qualcosa di importante lo abbiamo fatto, quindi sarebbe stupido  limitarsi a dire “Quello che viene viene”. È giusto essere ambiziosi, e provarci. Poi  probabilmente delle squadre che sono lì davanti, noi siamo  quelli che hanno meno pressione iniziale, il che potrebbe diventare un punto forza, anche se è vero che le ultime due partite in casa insomma con l’Entella e con la Reggiana dove sapevi che “dovevi vincere”, non dico per forza ma che comunque potevi fare risultato, all’andata l’abbiamo pagata in entrambe le partite, e quindi dobbiamo anche non caricarci troppo di responsabilità vediamo; viviamo alla giornata e pensiamo ad una partita alla volta”.
Per quanto riguarda te invece, Alberto: tu, da quando sei stato chiamato in causa, in  questa stagione, hai sempre risposto molto bene. Poi certo, qualche errore, qualche goal subito ci può stare, però, per esempio, nell’ultima partita hai fatto una parata che da sola ha salvato il risultato.
“Come ho sempre detto, da quando sono arrivato qui: io sono arrivato perché, a parte che faccio la cosa che mi piace, per quanto la testa e il corpo mi permettono di fare, è sempre stato così: il fatto, cioè, di farmi trovare pronto, sia quando ho giocato da titolare sia quando ho giocato meno, per cui mi godo il momento. So dove posso dare una mano maggiormente, so magari dove posso dare meno, rispetto anche ai miei colleghi di ruolo. Poi gli episodi amplificano anche tutto: la parata di lunedì, se fosse avvenuta in un momento diverso della partita, non avrebbe avuto la medesima risonanza. Ormai  sono abbastanza navigato ed esperto per godermi i momenti belli e affrontare i momenti brutti. Quindi vado avanti per la mia strada, senza pormi grandi grandi limiti. Quello che faccio mi diverto e mi piace”.
Ti sei “divertito” un po’ anche con la panchina della Reggiana, ad un certo punto.
“Ero così anche da giovane, mi permette di stemperare un po’ la tensione, perché quella c’è sempre. Poi penso che quelli che hanno giocato con me si ricordano anche la mia spensieratezza”.
Hai anche attraversato tutto il campo per farti rispettare: nell’episodio del rigore, infatti, sei andato fin sotto la porta per placare un po’ gli animi.
“Alla fine è giusto anche portare un po’ quel senso di responsabilità, che magari si ha di più; poi io, di carattere, sono un po’ rompiscatole. In certi momenti , tuttavia, so mantenere magari un po’ la lucidità per poter gestire al meglio  i momenti di tensione”.
La fascia di capitano, l’altra sera, ti avrà fatto molto piacere, immaginiamo.
“Sicuramente è bello, perché è una soddisfazione. Chiaro che a livello umano la soddisfazione che ho ricevuto non dipende da quella fascia, nel senso che, comunque, anche se l’avessero adatta a un altro, la cosa non mi avrebbe cambiato nulla, a livello umano, perché comunque sento di essere “un parafulmine”, un aiuto per tutti i ragazzi, poi è chiaro che poi vedersi questa ricompensa possa gratificare. Però penso che sia la cosa meno importante. L’importante è riuscire a trasmettere qualcosa agli altri, questo penso di riuscire a fare, in questo momento, a prescindere da queste ultime cinque partite dove magari ho avuto anche la fortuna di trovarmi in campo”.
Il mister ha ripetuto più volte il ruolo tuo e di Molinaro.
“E’ l’atteggiamento che si mette tutti i giorni che magari ti fa prendere credibilità; poi certo, conta anche la maturità. Credo che siamo tutti grandi e vaccinati, sappiamo insomma che poi certe cose, anche a una certa età, ti vengono anche più naturali”.
Zanetti ha detto anche che chiunque entri in questa squadra, dà un grande apporto. Pensi che questo possa essere un punto di forza di questo Venezia?
“Certo che lo è, perché comunque hai una grande quantità di scelte, e poi soprattutto anche la duttilità di chi entra nel mettersi a disposizione, anche nel ruolo in cui viene messo perché comunque capita spesso che il mister cambi modulo in corsa, o che cambi modulo ad inizio partita:  lo stesso interprete, messo in ruolo diverso, comunque rende uguale. E questo fa dar merito anche del lavoro che viene svolto durante la settimana. E’ poi durante la partita che devi avere le idee chiare su quello che devi fare, a prescindere dal ruolo, a prescindere se devi entrare per soli 10 minuti, a prescindere pure se poi diventi protagonista per 90 minuti. Se si vuole arrivare fino in fondo e stare in alto in classifica, è questa la cosa più importante”.
La parata decisiva ti ha fatto pensare, in relazione all’imprecisione sul loro goal? Hai pensato che forse potevi fare meglio?
“Alla fine, per come sono fatto, cerco sempre di andare a vedere il perché l’ho fatto,  se magari la posizione di partenza era sbagliata; quindi vado a vedere le imperfezioni anche nei momenti in cui mi faccio una cosa  bene, figuriamoci quando non è così”.
Dopo l’infortunio di Luca, alle tue spalle c’erano solo due ragazzi ancora troppo giovani; poi   è arrivato un tuo quasi coetaneo. Come va la comunicazione? E quali impressioni hai sul giocatore?
“La lingua è diversa, ma si può sopperire parlando in inglese, quindi non è un problema. Niki poi sta imparando in fretta l’italiano, poi è una persona ormai grande, che si sta inserendo in maniera veloce. La sua carriera parla da sola, nel senso che è un portiere il quale sa stare in porta. Per quanto riguarda me: io cerco di dare il massimo, come ho sempre fatto, e se il mister avrà voglia di darmi fiducia, io la prendo volentieri, se invece reputeranno che io non  sono all’altezza,  giusto che facciano le scelte che devono fare. Ma al di là del divertimento, e del fatto di essere a disposizione, è normale che comunque ci sia anche una sorta di orgoglio personale, nel poter dire che ho voglia di far bene nonché di togliermi le mie soddisfazioni. Ho sempre detto che, nel momento in cui perdo la fame di pretendere qualcosa da me stesso, è giusto che faccia un altro lavoro. Se dovessi ragionare in maniera  egoistica, è ovvio che mi riempie d’orgoglio il fatto di aver fatto bene e d essermi guadagnato qualcosa. Comunque prima di farmi togliere il posto, lotterò con i denti, il che è normale per tutti i giocatori”.
Anche perché prima dell’infortunio di Luca, la gerarchia era stabilita, adesso invece hai un posto da difenderti tu, non è la stessa cosa.
“Con Luca ho un bellissimo rapporto, ci tengo a dirlo, e sono dispiaciutissimo per quello che è successo. A livello umano io, con Luca,  ho trovato un feeling incredibile. Quindi non dico che è come se l’infortunio fosse capitato a me, ma quasi. Comunque quando era in campo non gli rendevo la vita facile, com’è giusto che sia. Poi dopo, logicamente, nel ruolo del portiere secondo me un minimo di chiarezza ci deve essere per forza, perché comunque essendo un ruolo delicato, poi, vai a rischiare che facciano male entrambi, lo stesso Luca lo confermerà”.