«Sono stati due anni tremendi ma, scusatemi, non ho intenzione di dire nulla. Vi auguro una buona giornata». Queste le uniche parole concesse ai giornalisti da Renato Chisso, l’ex assessore regionale, da ieri un uomo libero che ha chiuso i suoi conti con la giustizia.

La prima uscita
Sono le 11 di domenica quando Renato Chisso esce in silenzio dalla sua villetta a Favaro, e sale sull’auto del suo avvocato Antonio Forza per raggiungere la caserma dei carabinieri di via San Donà, vicino al centro. In compagnia della moglie Geri Saccardo, l’ex assessore del Veneto a Infrastrutture e mobilità entra in caserma per la notifica dell’atto di scarcerazione da parte del Tribunale. Formalità che dura una manciata di minuti, senza clamori né amici all’esterno per festeggiare.

La pena
Ha scontato tra carcere e arresti domiciliari la pena di due anni e 15 giorni per lo scandalo delle tangenti del Mose. Ai giornalisti e ai fotografi riserva solo quelle pochissime parole e si sottrae al rito delle dichiarazioni. Non intende commentare la libertà ritrovata dopo «due anni terribili» passati tra carcere e arresti domiciliari ma anche i ricoveri in ospedale d’urgenza per i problemi cardiaci conseguenti al ciclone giudiziario che lo ha travolto assieme all’amico Giancarlo Galan. La moglie ha gli occhi lucidi ma tace pure lei e se ne va con un sorriso accompagnando in auto il marito fino a casa. «Siamo confusi», commenterà poi l’avvocato Antonio Forza che in questi due anni si è battuto strenuamente per sostenere l’innocenza del suo assistito. «Questo è stato l’epilogo della vicenda. Ora il futuro è il problema del mio cliente. Credo sceglierà di vivere nascostamente come diceva un filosofo greco».

L’uscita di scena
Insomma, per Chisso, uomo di Forza Italia, che in Veneto e a Venezia ha contato molto, ora il futuro dovrebbe prefigurare una vita lontano dai riflettori e, pare di capire, anche dalla vita politica. Con la scarcerazione Chisso ottiene anche la possibilità di tornare a viaggiare, anche all’estero, se lo desidera. Ieri l’ex assessore è apparso serenamente serio, meno sofferente rispetto ai mesi scorsi. Sta evidentemente recuperando sia dal punto di vista morale che fisico dopo l’operazione al cuore e la detenzione.

La vicenda
Nella vicenda Mose, finora, è stato l’unico imputato sottoposto al regime più duro, il carcere a Pisa dopo l’arresto del 4 giugno 2014, e poi a periodi di carcerazione alternati all’ospedale, fino agli arresti domiciliari nella sua abitazione di Favaro Veneto. Ora ai domiciliari resta soltanto Giancarlo Galan. Chisso era finito in manette il 4 giugno di due anni fa sulla base delle rivelazioni di arrestati illustri: Giovanni Mazzacurati, ex presidente del Consorzio Venezia Nuova (che ora, a processo in corso, si trova negli Stati Uniti); Piergiorgio Baita, già presidente della Mantovani; e Claudia Minutillo, prima segretaria di Galan e poi manager e altri, che ha patteggiato e scontato la pena. Nella sentenza si prevede una eventuale confisca da 2 milioni di euro qualora venissero trovati i soldi che secondo l’accusa l’ex assessore avrebbe portato all’estero: circa 6 milioni di euro di mazzette, ipotizza la guardia di finanza. Ma finora nessuno ha trovato quei soldi.

Il futuro
«Sono stati due anni tremendi e ora devo decidere cosa fare. Non posso restare fermo. Non ho più nulla e ho una famiglia da mantenere. Devo lavorare e trovarmi un lavoro. Non mi importa quale, qualsiasi incarico va bene. Il lavoro stesso è dignitoso. Ma ora devo trovarlo in fretta. I miei familiari hanno bisogno di me. Al resto penserò dopo».

Gian Nicola Pittalis

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