“Ogni giorni i media danno notizia della pericolosità e presenza delle mafie anche nel nostro Nord est. Le cronache di questi giorni hanno raccontato di operazioni di polizia volte a scardinare reti criminali tentacolari che riguardano anche le imprese sotto casa. Per questo risulta determinante anche per la Marca trevigiana riflettere sul nuovo Rapporto Agromafie sui crimini agroalimentari in Italia elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’ agroalimentare, presentato oggi a Roma”. Giorgio Polegato, presidente di Coldiretti Treviso, non ha voluto mancare all’appuntamento considerandolo prioritario per chi ha a cuore le sorti del tessuto socio economico in cui operano le imprese agricole. “E’ davvero tra il sorprendente e il terrificante sapere in quanti modi la criminalità possa metere a rischio il buon nome del made in Italy e la stessa salute dei consumatori – aggiunge Polegato –   E’ necessario controllare affinché tutti i prodotti che arrivano sulle nostre tavole, provenienti dall’interno o dall’estero dei confini nazionali, rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti in vendita sugli scaffali o serviti al ristorante, ci sia un percorso di qualità e legalità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute. Su questo la tolleranza deve essere zero”.

Il Presidente di Coldiretti Treviso Giorgio PolegatoIl volume d’affari complessivo annuale delle agromafie è salito a 24,5 miliardi di euro con un balzo del 12,4% nell’ultimo anno con una crescita che sembra non risentire della stagnazione dell’economia italiana e internazionale, immune alle tensioni sul commercio mondiale e alle barriere circolazione delle merci e dei capitali. Una rete criminale che si incrocia perfettamente con la filiera del cibo, dalla sua produzione al trasporto, dalla distribuzione alla vendita, con tutte le caratteristiche necessarie per attirare l’interesse di organizzazioni che via via abbandonano l’abito “militare” per vestire il “doppiopetto” e il “colletto bianco”, riuscendo così a scoprire e meglio gestire i vantaggi della globalizzazione, delle nuove tecnologie, dell’economia e della finanza tanto che ormai si può parlare ragionevolmente di mafia 3.0.

Nel 2018 si è confermata anche l’impennata di fenomeni criminali con furti di trattori, falciatrici e altri mezzi agricoli, gasolio, rame, prodotti (dai limoni alle nocciole, dall’olio al vino) e animali con un ritorno dell’abigeato con veri e propri raid organizzati a livelli quasi militari strettamente connessi con la macellazione clandestina. “A tal proposito noi vogliamo ringraziare il Prefetto di Treviso che dopo un primo incontro per affrontare il tema dei furti in agricoltura ha subito messo l’argomento all’ordine del giorno del comitato sicurezza della provincia di Treviso – sottolinea il direttore di Coldiretti Treviso, Antonio Maria Ciri – E’ stato un incontro molto fattivo e interessante in cui non sono mancati spunti per incentivare i controlli e alzare l’attenzione specie nelle zone rurali più a rischio”.

Fanno registrare un balzo del 59% nel 2018 le notizie di reato nel settore agroalimentare che si estendono ai principali comparti, dal biologico al vino, dall’olio all’ortofrutta, dalle conserve ai cereali. E’ quanto afferma la Coldiretti sulla base dei risultati operativi degli oltre 54mila controlli effettuati dal Ispettorato Centrale Repressione Frodi (ICQRF) nel 2018, resi noti in occasione del sesto Rapporto Agromafie 2018 elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’ agroalimentare. I settori agroalimentari più colpiti da truffe e reati nel 2018 sono il vino con +75% nelle notizie di reato, la carne dove sono addirittura raddoppiate le frodi (+101%), le conserve con +78% e lo zucchero dove nell’arco di dodici mesi si è passati da zero e 36 episodi di frode.

Nell’ultimo anno sono stati sequestrati 17,6 milioni di chili di alimenti di vario tipo per un valore di 34 milioni di euro con lo smantellamento di un’organizzazione fra Campania, Puglia, Emilia Romagna, Sicilia e Veneto che importava zucchero da Croazia, Isole Mauritius, Serbia e Slovenia e poi lo immetteva nei canali del mercato nero attraverso fatture false per rivenderlo a prezzi stracciati a imprenditori che lo usavano per adulterare il vino.