La Camera dei Deputati ha appena approvato il testo della legge che intende disciplinare “l’attività di ristorazione in abitazione privata”, ossia definire un perimetro normativo per gli home restaurant. E’ stata la crescente diffusione di questo format, consistente nell’organizzazione di cene casalinghe a pagamento prenotabili sul web, che ha spinto Nino Minardo del Nuovo Centrodestra a proporne regolamentazione nell’aula di Montecitorio.

Punti salienti del disegno di legge:

– obbligo di utilizzare piattaforme digitali per le passare le prenotazioni e i pagamenti dei clienti (non sarà più possibile telefonare direttamente o pagare in contanti);

– massimo di 500 coperti all’anno per proventi complessivi non superiori ai 5.000 euro annui;

– obbligo per le case-ristorante di dotarsi dell’agibilità (se non presente) e di tutte le caratteristiche igieniche previste per le abitazioni;

– divieto di un home restaurant e un B&B (o una casa vacanze) contemporaneamente in una stessa abitazione.

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Ora la legge passerà al vaglio del Senato, ma nel frattempo salgono già rumorose le rimostranze degli addetti ai lavori nel settore: home chef, start-upper, imprenditori che investono nelle varie piattaforme. Cristiano Rigon, founder di Gnammo, il principale portale di social eating in Italia, ha commentato con toni polemici l’approvazione della Camera della legge n. 3258: “Si tratta di una legge fortemente voluta da insistenti attività di lobbying da parte delle associazioni di categoria, che non hanno realmente compreso quanto l’home restaurant sia lontano dall’esperienza del ristorante e sia non avversario ma strumento di sviluppo del settore.”

Secondo Rigon, tuttavia, la normativa può avere anche risvolti migliorativi del business: “Da una parte è senza dubbio positivo il fatto che esista una norma che regolamenti le attività di Home Restaurant, in quanto permetterà a tutti gli aspiranti cuochi di sperimentare la sharing economy senza paura di andare contro le autorità. Di contro però, sarebbe stato più opportuno, come prima cosa, normare a livello quadro la sharing economy, negli aspetti condivisi da tutte le attività, per poi scendere, se e dove necessario, a specificare i paletti da mettere nei singoli settori”.

“L’augurio – ha concluso il fondatore di Gnammo – è che il Senato sappia produrre una legge sufficientemente agile e snella, rispondente ai suggerimenti UE di non promulgare norme che limitino, ma che favoriscano lo sviluppo del mercato del social eating, limando ancora i forti vincoli presenti nel testo approvato oggi alla camera.”.