Sono gli artigiani e i maestri d’arte veneziani i nuovi grandi amici dei ragazzi con disabilità: insegnano loro il mestiere, permettono loro di esprimersi anche a livello professionale e di dimostrare tutto il loro impegno. A far scattare questo rapporto virtuoso tra mondo dell’artigianato – una ventina i “maestri” coinvolti – e giovani seguiti dal Servizio Integrazione Lavorativa – cinquanta e più i ragazzi inseriti – sono stati gli specialisti dell’Ulss 3 Serenissima e il grande cuore dell’Associazione Aeres Venezia.
Siamo da tempo impegnati – spiega il dottor Mario Zotta, responsabile dell’area Disabilità dell’Ulss 3 – nel reinserimento dei ragazzi diversamente abili nel mondo del lavoro e, attraverso questo, in un contesto di vita reale e produttiva. Il periodo di chiusura di molte attività determinato dal Covid-19 ci ha portato a scoprire questa collaborazione, e ad individuare un ambito tutto sommato nuovo in cui inserire i nostri ragazzi: quello dell’artigianato, che permette ai giovani inseriti di esprimersi a diversi livelli, manualità, creatività, senso dell’organizzazione di sé e del lavoro da svolgere”. 
“A ogni ragazzo – spiega la dottoressa Raffaella Moretti, coordinatrice del Servizio integrazione lavorativa dei Distretti 1 e 2 dell’Ulss 3 – è stato assegnato un maestro dell’artigianato storico locale. Attività e persona disabile sono state associate nel rispetto delle esigenze, delle condizioni psicofisiche e delle abilità residue della persona. I ragazzi hanno imparato e continuano ad imparare i mestieri nelle botteghe di quartiere e nei mercati rionali di Mestre e Venezia: si cimentano nella realizzazione di maschere di Carnevale, piccola sartoria, riparazioni, tecniche di pelletteria, ceramica, arte del giardinaggio. Nei mercati rionali, come questi del sabato all’M9, si cimentano anche nella vendita diretta di alcuni dei loro prodotti.
I ragazzi impegnati nelle differenti attività sono tutti a carico del Servizio Integrazione Lavorativa (SIL) dell’Ulss 3. A causa dell’emergenza epidemica hanno interrotto l’abituale tirocinio che ogni anno svolgevano, in virtù della loro invalidità civile, con le aziende pubbliche e private del territorio. Sono state le difficoltà portate dalla pandemia a portare a nuove vie, e in particolare al progetto “Impronta di comunità”: “È solo uno dei progetti che nel territorio dell’Ulss 3 – ha sottolineato Massimo Zuin, Direttore dei Servizi sociosanitari – costruisce concreta integrazione: in questo caso l’isolamento sociale si affronta e si supera attraverso esperienze formative, pratiche e lavorative; in altri attraverso lo sport, la musica e la cultura. Risposte articolate, spesso realizzate con una partnership fondamentale con l’amministrazione Civiche e con le associazioni di categoria, come in questo caso con Aeres. Risposte rese ancor più necessarie dalla pandemia che abbiamo attraversato, con il suo carico di ulteriore disagio per tutti noi”. 
Dall’Azienda sanitaria giunge così un appello affinché queste occasioni per i giovani portatori di disabilità si moltiplichino, e insieme la dimostrazione che possono essere efficaci e gratificanti. “A nostra volta noi artigiani – sottolinea Massimo Renno, presidente di Aeres – riceviamo da questi ragazzi, ogni giorno, una lezione civica: noi trasmettiamo il sapere, loro apprendono attraverso una alchimia che sorprende, si appassionano e ci restituiscono il piacere di vederli impegnati, soddisfatti, sempre più autonomi”.