Diritto all’oblio: che cos’è? La rete ha la memoria lunga, nel bene e nel male. È una preziosa fonte di informazione, un archivio sempre disponibile alla consultazione come fosse una custode digitale della memoria collettiva.

Peccato, però, che questa memoria digitale di fatto non sappia distinguere il vero dal falso e, soprattutto, non sia guidata da un’etica in grado di selezionare informazioni che possono ledere la dignità individuale.

Violazioni e oblio digitale

Secondo un recente sondaggio (Changes Unipol – Ipsos 2022) 10 milioni gli italiani hanno subito violazioni digitali. Si spazia dal furto d’identità all’utilizzo dei dati personali, dalla violazione della privacy all’impiego e alla diffusione di foto personali.

Tra le principali vittime di abuso dell’immagine digitale ci sono le donne, spesso ignare e involontarie protagoniste di post virali e possibili reati quali revenge porn, cyberbullismo, stalking o diffusione di vicende giudiziarie con piena assoluzione.

Eppure quello all’oblio digitale è un vero e proprio diritto regolato dall’art. 17 del Gdpr (Regolamento UE n. 679/2016) che garantisce al diretto interessato la cancellazione dei dati personali.

Prevenire e curare danni alla reputazione

La prima azione da compiere per tenere pulita e controllata la propria identità digitale è provare a contattare la persona o il sito che ha postato la notizia o l’immagine indesiderata chiedendo di rimuoverla, perché pubblicata senza consenso.

Lo step successivo, in caso di rifiuto, è segnalare l’abuso direttamente ai centri di assistenza dei vari social (anche se i tempi di fatto possono essere piuttosto lunghi). Queste sono procedure che si possono fare in autonomia e che risultano funzionali quando il materiale da cancellare è limitato.

L’alternativa, infine, è rivolgersi ad un legale o una delle varie società di consulenza in grado di effettuare una vera e propria bonifica del web (come, ad esempio, Reputation Up, Digitallex, Cyberlex, Reputation Manager).