Nell’ultimo trimestre del 2022 l’economia mondiale (e quella veneta di rimando) ha subito un rallentamento, che non ha trovato conferma nel 2023.

Per la manifattura veneta il 2022 si è chiuso con un quarto trimestre stazionario rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, mentre il 2023 è iniziato e sta proseguendo con netti segnali di ripresa. Ci sono quindi buone premesse per il comparto manifatturiero veneto, dopo mesi di rallentamento senza di fatto aver mai sconfinato in segno negativo.

Economia veneta: segnali di ripresa

Nel quarto trimestre 2022, la crescita rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente è risultata pari a zero. Importante la decelerazione, considerando che nel primo trimestre l’indicatore su base annua era stato pari al +8,9%.

Erano risultati in flessione anche diversi settori legati ai beni di consumo, a causa dell’inflazione: sistema moda, industria alimentare, legno arredo (che risente, assieme a parte della carpenteria in metallo, anche del principio di stallo delle costruzioni).

L’industria della carta e del packaging ha avuto una variazione tendenziale del fatturato pari al +11,1%, a fronte di una produzione leggermente in flessione (-0,2%).

A fronte di questi dati relativi all’anno precedente, il 2023 ha evidenziato segnali di ripresa in quasi tutti i settori economici.

L’analisi

Da un bilancio previsionale tracciato dall’indagine VenetoCongiuntura l’andamento asimmetrico dell’economia veneta si presenta anche nelle previsioni raccolte dalle imprese per il secondo trimestre 2023, complessivamente in generale miglioramento.

Sulla domanda estera il 43% degli intervistati scommette per un suo aumento, contro il 15% più scettico, orientato per una sua contrazione. Analoga distribuzione delle aspettative emerge sulla domanda interna: il 41% è ottimista, il 37% mette in conto una situazione stazionaria, il 21% si annovera fra gli scettici.

Restano rilevanti le differenze fra settori. L’industria alimentare è quello più “fuori dal coro”: sulla domandainterna prevalgono persino i giudizi negativi (33%) rispetto a quelli positivi (26%); mentre sulla domanda estera quasi il 55% ipotizza uno scenario di stazionarietà.