Se un politico patteggia la pena, perché deve continuare a prendere il vitalizio? Perché devono essere i veneti a contribuire a pagare la multa concordata con i giudici? Il tema tiene banco in consiglio regionale del Veneto e riguarda, per ora, l’ex governatore Giancarlo Galan, uscito dal procedimento dello scandalo del Mose dopo aver patteggiato una pena di 2 anni e 10 mesi e il pagamento di una multa di 2,6 milioni di euro. A Palazzo Ferro Fini se ne parla anche perché Galan, governatore e consigliere regionale per quindici anni, è uno dei 226 titolari di vitalizi erogati dalle casse della Regione. Tanto che, prima ancora che esplodesse lo scandalo delle dighe mobili, non era passato inosservato il fatto che parecchi ex che nel frattempo avevano avuto altri incarichi politici, figurassero nell’elenco dei titolari di “pensione”. Per lui i contabili della Regione Veneto hanno già fatto i conti: 80.558,88 euro all’anno e un tfr da 96.244,87 euro. Denaro che non potrà essere sequestrato nonostante a Chisso siano stati confiscati 2 milioni di euro, mai trovati dalla Guardia di Finanza. Il motivo? I soldi del vitalizio arriverebbero successivamente rispetto alla pena. Tant’è, il gruppo consiliare dell’Italia dei valori è deciso a sollevare il caso politico. Ossia: è etico che un politico, eletto per amministrare la cosa pubblica e che patteggia una pena per accuse legate al suo ruolo di amministratore, continui a godere del vitalizio, vale a dire quella “pensione” ottenuta in virtù del precedente mandato elettivo? È quanto si stanno chiedendo anche al Movimento 5 Stelle dal quale parte un duro attacco del pentastellato Davide Crippa che accusa i democratici di disertare la giunta delle elezioni facendo rinviare le sedute per la decadenza di Galan. <<È intollerabile che Giancarlo Galan sia ancora un deputato della Repubblica nonostante la sua condanna definitiva. Questo succede perché il Partito democratico ha disertato per ben due volte la Giunta per le elezioni permettendo a Forza Italia e Ncd di prendere tempo>>. La pesante accusa arriva da Davide Crippa, capogruppo 5stelle alla Camera. Ieri era appunto in programma una riunione della giunta, presieduta dal pentastellato Giuseppe D’Ambrosio, con all’ordine del giorno la posizione dell’ex presidente della commissione Cultura. <<La diserzione di massa del primo partito del Parlamento non può essere casuale. Evidentemente è arrivato un ordine di scuderia per permettere all’ex governatore del Veneto Giancarlo Galan di continuare a percepire soldi pubblici per più tempo possibile. Parliamo di un comportamento vergognoso che fa sponda all’illegalità>>, conclude il capogruppo M5s. Al contrattacco ol capogruppo del Pd in giunta delle Elezioni Giuseppe Lauricella: <<Stupisce la dichiarazione dell’on. Davide Crippa; aAvendo chiarito con lui che il PD vuole senza dubbio andare avanti sulla decadenza di Galan nella riunione della prossima settimana, le polemiche strumentali lasciano francamente il tempo che trovano>>. Intanto il futuro dell’ex Governatore della regione Veneto è appeso a un filo mentre Chisso continua a fare ricorsi su ricorsi per ottenere almeno gli arresti domiciliari. Con lui anche il segretario nazionale dell’Italia dei Valori Ignazio Messina. <<È  «E’ semplicemente inaccettabile che Galan sia ancora deputato e, soprattutto, che riceva ancora il vitalizio nonostante la condanna definitiva ricevuta. Questa attesa ci è costata già troppi soldi (pubblici). Si ponga fine al più presto a questa vergogna>>.

La richiesta è del, secondo il quale «se i meccanismi che devono istituzionalmente portare alla decadenza, e quindi alla cancellazione del vitalizio, comportano attese così lunghe, allora è certamente l’ora di riformarli seriamente. L’inefficienza della politica – ha osservato – non può e non deve pesare sulle tasche dei cittadini, e questo è un caso sul quale occorre che la politica, tutta, abbia un sussulto di coscienza».

Intanto, sempre sul fronte Mose, a Venezia il gip ieri ha depositato i primi dispositivi che specificano le confische dei beni a chi ha patteggiato. Il Riesame aveva annullato i sequestri per evitare di far pagare due volte aziende e manager. I primi provvedimenti riguardano Alessandro Mazzi (Grandi lavori Fincosit), due milioni per corruzione e due per violazioni finanziarie; Luciano Neri (collaboratore dell’ex presidente del Consorzio Mazzacurati), un milione per corruzione; Stefano Tomarelli (società Condotte), 700mila per corruzione.Negli occhi del cittadino comune resta il dubbio che Galan abbia trovato il sistema giusto per cadere in piedi a discapito dell’uomo comune, ma di questo parleremo nella prossima inchiesta.

Gian Nicola Pittalis

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