Supporto agli anziani (foto di repertorio)
Supporto agli anziani (foto di repertorio)

Quando si parla di persone anziane e della loro salute si pensa subito alle malattie croniche, legate al corpo, e molto meno a quelle psicologiche, legate alla mente. Eppure – come dimostrano i dati diffusi a luglio dall’Osservatorio nazionale sull’impiego dei medicinali dell’Aifa e analizzati dal sindacato dei pensionati della Cgil regionale – fra gli ultra65enni veneti il consumo di farmaci ansiolitici, sedativi o ipnotici (benzodiazepine) è considerevolmente cresciuto negli ultimi anni, con un picco nel periodo Covid, dato sicuramente prevedibile, e una leggerissima flessione nel corso del 2021.

L’utilizzo di medicinali contro l’ansia, lo stress e l’insonnia nella nostra regione è più alto rispetto alla media nazionale, a testimoniare una condizione psicologica particolare dei nostri anziani, che sempre di più è dettata dalla solitudine ma anche da problemi economici, accentuati ora dal caro vita e dal crollo del potere d’acquisto.

In Veneto, secondo l’indagine dell’Aifa, fra il 2015 e il 2021 il consumo di benzodiazepine è cresciuto del 27,5%, passando da 56 dosi medie giornaliere per ogni singolo paziente adulto a 71,4, contro una media italiana di 66,7 dosi. L’apice si è raggiunto nel 2020 (73,2 dosi), complici di sicuro il Covid e la relativa solitudine accentuata dallo spaesamento, provocati dalle restrizioni, mentre nel 2021 si registra una leggerissima diminuzione, quasi a testimoniare l’adeguamento a questa inedita situazione, la pandemia, in cui tutti ci siamo trovati a vivere. La nostra regione si piazza addirittura terza per acquisti di medicinali contro stress, ansia e insonnia, dopo Liguria (83,8 dosi medie giornaliere) e Piemonte (74,5).

Come detto – proiettando in Veneto i dati nazionali – sono gli anziani i maggiori utilizzatori di benzodiazepine, in primis ansiolitici, poi ipnotici e, infine, sedativi. Li ha consumati (almeno una volta) nel 2021 il 43% degli anziani, in particolare il 10,5% dei soggetti con età compresa fra i 66 e i 74 anni, il 15,5% di chi ha fra i 75 e gli 84 anni e circa il 17% di chi ha più di 85 anni. Guardando quest’ultimo dato, possiamo dire che poco meno di un grande anziano su cinque utilizzi benzodiazepine per combattere ansia e insonnia. In Italia, a livello di genere, le donne che consumano ansiolitici e sonniferi sono più del doppio degli uomini, l’8,4% contro il 3,9%.

«La crescita esponenziale del consumo di questi farmaci fotografa un disagio che per gli anziani veneti è più marcato rispetto a quelli delle altre regioni – commentano dallo Spi Cgil regionale -. C’è evidentemente un disagio che il Covid ha di certo acuito, che andrebbe indagato e che ora, con l’inflazione alle stelle, non può che crescere. Solitudine, relazioni familiari e sociali allentate, incertezza crescente sul futuro: tutte condizioni che devono essere affrontate, secondo noi, con serietà soprattutto da chi amministra la salute e il sociale. Se consideriamo solo l’aspetto della solitudine, ricordiamo che in Veneto circa 425 mila anziani, il 37% del totale, vivono soli. Fra questi, il 75% è donna».  È un problema assolutamente da prendere in considerazione!

In tale contesto, lo Spi Cgil richiama l’importanza dell’invecchiamento attivo, che si pone proprio il problema del benessere psico-fisico e sociale delle persone e non solo nell’età anziana. «Abbiamo nella nostra regione un’ottima legge, a cui abbiamo contribuito fattivamente come sindacati dei pensionati e continuiamo a farlo. – conclude Di Gregorio – Per garantire un’esistenza dignitosa e attiva alle persone anziane, è necessario coinvolgerle nella vita sociale, politica e culturale della propria comunità. Sull’invecchiamento attivo il confronto con Palazzo Balbi è sempre aperto, attraverso la Consulta prevista dalla legge. Le risorse non devono mancare. Ogni anno decine e decine di progetti vengono finanziati per questo scopo. Per noi questo è e resta una priorità imprescindibile: il coinvolgimento e la partecipazione attiva delle persone anziane, al fine di contrastare la cultura dell’esclusione e la solitudine, perché quel dato sull’uso di medicinali psicotropi deve diminuire, non aumentare».