Frena la crescita dell’industria per gli effetti di caro energia e guerra, ma meno delle attese, rispetto alla velocità sperimentata nel 2021ed evidenzia segnali di tenuta. Nel primo trimestre 2022 la produzione industriale di Padova e Treviso segna un +9,9% rispetto allo stesso periodo del 2021 (+15,4% nel trimestre precedente, +19,7 la media 2021), pur in un contesto di forte eterogeneità delle performance. Un risultato sostenuto dalla domanda interna (+17,5%) e soprattutto dal fatturato estero (+18,1%), in particolare nei mercati extra-UE (+20,1%). Gli ordini in volume aumentano fra gennaio-marzo, sia pure in modo più contenuto (+19,2). La tenuta si traduce anche nei dati sull’occupazione, in aumento tendenziale del +2,2%, circa metà delle imprese assumerà nei prossimi sei mesi. Gli spaventosi aumenti di gas (+676% in aprile sul pre-Covid), energia (+364%) e materie prime (per il 98,2% delle imprese), accentuati dal conflitto, misurano lo shock di offerta che sta colpendo l’attività economica. Si aggrava la pressione sui margini aziendali, a seguito della limitata capacità di trasferire sui prezzi di vendita i rincari. Fiducia e attese sui livelli di produzione e ordini e condizioni di investimento, in sensibile diminuzione, preannunciano ripercussioni sull’effettiva capacità di tenuta delle imprese nei prossimi mesi.

Sono i principali risultati dell’indagine La Congiuntura dell’Industria di Padova-Treviso (Consuntivo primo trimestre 2022 – Previsioni prossimi sei mesi) condotta da Assindustria Venetocentro, in collaborazione con Fondazione Nord Est, su un campione di 527 aziende manifatturiere e dei servizi delle due province.

«Il sistema manifatturiero di Padova e Treviso mantiene il percorso di crescita nel primo trimestre, anche se la sua intensità si è ridotta – dichiara Leopoldo Destro, Presidente di Assindustria Venetocentro –, grazie alla sorprendente capacità di adattamento degli imprenditori e all’effetto di trascinamento del 2021. Ma i dati vanno valutati con prudenza: gli effetti del conflitto, gli ulteriori rincari di energia e altre commodity e la scarsità di materiali, si stanno traducendo in un rallentamento di tutti i principali indici, incertezza e volatilità. Tutto ciò pesa su costi e investimenti delle imprese, erode pesantemente i margini, al punto che si paventa il rischio di una riduzione della produzione di molte aziende manifatturiere, una su 4 a questi livelli di prezzo se il conflitto durerà oltre i prossimi 3 mesi. I segnali di un peggioramento sono innanzitutto nelle ridimensionate dinamiche di attività e attese delle imprese a breve termine, che preannunciano ripercussioni sull’effettiva capacità di tenuta nei prossimi mesi. La priorità, ora, è mitigare gli impatti degli aumenti dei prezzi, fissare un tetto al prezzo del gas come chiediamo da mesi sul modello di Spagna e Portogallo. Senza però perdere di vista l’obiettivo a medio-lungo termine, di una politica energetica improntata a uno sviluppo equilibrato delle diverse tecnologie e fonti sostenibili, che riduca la nostra dipendenza da Paesi politicamente instabili come la Russia. Il forte impatto degli ulteriori rincari e del conflitto sull’economia, deve costituire un allarme grave per le nostre istituzioni e la politica, che deve avere al centro dei propri obiettivi primari la tenuta e la competitività delle nostre imprese».

«I dati del primo trimestre – commenta Federico Zoppas, Consigliere Delegato di Assindustria Venetocentro per l’Ufficio Studi – evidenziano un quadro dinamico ma in un contesto nuovo e difficile, caratterizzato da forti rischi geopolitici, spinte inflazionistiche e gravi ripercussioni su imprese e consumi. Continuano ad incidere i fattori che ostacolavano l’attività produttiva già prima della guerra (rincari delle materie prime, scarsità di materiali), che si sono confermati molto rilevanti. L’industria di Padova e Treviso tiene, e lo fa bene, grazie alla capacità che abbiamo di aggiornare in corsa i macchinari, i prodotti e la presenza sui vari mercati. E ora anche le catene di fornitura. I risultati positivi sono sostenuti da un portafoglio ordini, soprattutto dall’estero, ancora importante: per la maggior parte delle aziende il problema non sembra essere la domanda, ma una capacità produttiva ostacolata da carenza di materiali e componenti e prezzi dell’energia crescenti. Gli imprenditori reagiscono a queste difficoltà ma per quanto ancora potranno farlo? A questi prezzi dell’energia, oggi di nuovo in ascesa, e scarsità di materiali semplicemente le imprese non possono reggere. Perciò ribadiamo la necessità di interventi di natura strutturale, dall’energia al cuneo fiscale e contributivo, e di politiche adeguate a supportare la nostra manifattura, la seconda d’Europa».