Sembra quasi una beffa di quest’anno critico che da una parte ci costringe a vivere giornate pesanti come macigni destinate a rimanere a imperitura memoria, dall’ altra ci regala un clima mite, giornate baciate da un sole tiepido e gradevole, l’Estate di San Martino appunto. E’ cosi che alcuni viticoltori che coltivano il vitigno raboso, quest’anno devono ancora vendemmiare come accadeva una volta. “Trattandosi di un vitigno rustico, resistente con grappoli grandi e molto tardivo nella maturazione, fino agli anni Ottanta si usava vendemmiarlo tardissimo tra la metà e la fine di novembre.”- spiega Orazio Franchi esperto di Coldiretti nel settore vitivinicolo “Successivamente, il variare del clima e anche dei sistemi di coltivazione hanno contribuito ad anticipare la vendemmia di circa un mese. Vi sono tuttavia ancora aziende che rispettano la tradizione della vendemmia tardiva al fine di ottenere vini pregiati da uve surmature.” Del vitigno Raboso si trovano riferimenti certi dal 1700 quando è citato in studi di agraria ma anche in qualche ditirambo e in diversi sonetti come “vin Sgarboso” o “vin Rabioso”, con altri nomi era certamente conosciuto durante il periodo di massimo splendore della Serenissima. Si parla di un vino rosso proveniente dalla pianura trevigiana che era considerato un eccellente “vin da mar” perché ben sopportava la calura e i lunghi viaggi in nave. Attualmente, sono oltre cento le aziende vitivinicole veneziane che coltivano una settantina di ettari a Raboso in particolare nella parte orientale della Provincia, anche se fino alla metà degli anni settanta la superfice coltivata era ragguardevole, nel veneziano era diffuso verso Meolo, Treporti, Cava Zuccherina (oggi Jesolo) e anche al Cavallino dove i terreni erano più sciolti e si potevano ottenere buoni risultati sia in termini quantitativi che qualitativi. Il vino raboso è potente, di elevata acidità e molto tannico, caratteristiche hanno fatto si che il consumatore si sia disaffezionato a questo vino preferendo vini di più facile beva. Nella provincia di Venezia, alcuni vignaioli appassionati mantengono la tradizione preparando vini di pregio e da lungo invecchiamento.
Si nota anche un timido ritorno d’ interesse verso la coltivazione del Raboso sempre utile come vino da taglio migliorativo e, se vinificato con tecniche particolari dona vini dai spiccati profumi fruttati. Ottima anche la versione rosé. “ In questo periodo difficile, in cui Il crollo delle spese di fine anno a tavola e sotto l’albero rischia di dare il colpo di grazia ai consumi di vino con un deciso calo dell’attività,- afferma il presidente di Coldiretti Venezia Andrea Colla- “noi ci teniamo a sottolineare che il patrimonio vitivinicolo italiano e locale sono unici grazie alla loro varietà e ricchezza di biodiversità, che sono per noi motivo di vanto, per questo abbiamo il dovere di trasmettere questo valore al consumatore, premiando il lavoro dei nostri agricoltori”.