Abbiamo intervistato un personaggio che è molto più che un semplice supporter della DeLonghi: capotifoso e anima degli ultras, Borghetti è un vero e proprio “allenatore in curva”.[s2If !current_user_can(access_s2member_level1)] …READ MORE[/s2If][s2If current_user_can(access_s2member_level1)]

borghettiNome e cognome: Matteo Sartor

Età: 28 anni

Professione: operaio magazziniere

Soprannome: Borghetti, “perché fin dalle prime trasferte portavo l’omonimo liquore al caffè in pullman”

Quando ti sei avvicinato alla curva e perché? Prima del 2005 andavo a vedere il calcio, giovanissimo. Un giorno, per caso, alcuni amici mi hanno portato al Palaverde a vedere un match contro la Fortitudo. Era l’anno dell’ultimo scudetto, quello con David Blatt in panchina, e mi sono subito innamorato.

Com’è la vita in curva? La amo, sono nato là. Anche se c’è tanto duro lavoro dietro, nell’organizzazione delle trasferte e delle coreografie.. Ora però mi è nato da un mese un figlio, il che inevitabilmente cambierà un po’ la mia vita in curva… A volte dovrò restare a casa a vedermi le partite, il che sarà molto duro. Ma quando mio figlio sarà abbastanza grande, il primo posto dove lo porterò sarà proprio la curva!

Qual è il tuo coro preferito? Quello inventato in Promozione, quando giocavano perlopiù giovani, “Siamo la curva del Treviso”. Mi piace soprattutto il verso “E anche nel tuo peggior momento, giuro io ti accompagnerò”: simboleggia la forza della rinascita, la capacità di non mollare, il momento in cui siamo rinati assieme al Treviso Basket.

La coreografia più bella che avete realizzato finora? coreografiaQuella inerente Piazza dei Signori, che ha debuttato con la Fortitudo, recante l’espressione Monti, Musoni, Ponto Dominorque Naoni”. Però tengo a precisare che tante volte la coreografia più bella può essere semplicemente una bella sciarpata: in certe occasioni non serve chissà cosa, e anzi non c’è niente di meglio di un bel nugolo di sciarpe alzate mentre si canta tutti assieme.

 

L’avversaria che più ti ha impressionato finora? Direi Mantova: noi l’abbiamo già incontrata e battuta,  dopo essere partiti male, ora stanno mettendo insieme un filotto pazzesco di vittorie consecutive.

La trasferta più piacevole da affrontare? Non vorrei rispondere con una frase fatta, ma…la trasferta migliore è sempre quella che verrà! Comunque, scherzi a parte, andare in trasferta è sempre magnifico, specie quando si va distante: il bello è infatti soprattutto fare gruppo con gli amici. Sì, direi che quelle più lontane sono le trasferte che preferisco.

La partita più bella di sempre? L’anno scorso la vittoria contro Mantova al terzo extra-time. Se poi parliamo anche della “vecchia era”, la finale scudetto del 2006, quando vincemmo contro la Fortitudo Bologna.

La partita più bella di questa stagione? Le prime due trasferte: la vittoria a Trieste e la vittoria a Roseto, in due palazzetti caldissimi, dove potevamo tranquillamente perdere. A Roseto in particolare eravamo in trenta anime, odiatissimi, ma la squadra è venuta fuori e siamo usciti da eroi vittoriosi!

Se tu fossi al posto di Pillastrini, che cosa cambieresti? Lui fa il suo lavoro, io faccio il mio, fino a che ha i risultati dalla sua parte non posso dirgli niente. E poi mi piace come allenatore, il fatto che punti tanto sui giovani… In questi anni ha fatto bene il suo lavoro e francamente, finché le vittorie arrivano, io non cambierei niente!

Un’ultima parola da “allenatore in curva”? Abbiamo tanto bisogno di nuove leve, giovani che vogliano vivere il basket trevigiano come passione e non solo come passatempo. Accogliamo a braccia aperte chiunque intenda avvicinarsi alla curva, anche perché c’è bisogno di ricambio generazionale. Adesso è tutto bello perché si vince, ma quando torneranno i momenti bui (e succederà) avremo bisogno di essere in tanti ad incitare e supportare la squadra con fede incrollabile.[/s2If]