Pescherecci fermi in porto, fino al 6 settembre stop al pesce fresco sulle tavole venete. Da Trieste fino ad Ancona, passando per tutte le marinerie del Veneziano, scatta il fermo pesca  che porta al blocco delle attività della flotta italiana lungo l’Adriatico. A darne notizia è Coldiretti Impresapesca in occasione dell’avvio del provvedimento che dal 31 luglio bloccherà le attività dei pescherecci dal Friuli Venezia Giulia al Veneto, dall’Emilia Romagna fino a parte delle Marche e della Puglia con rientri scaglionati nel tempo. Per quanto riguarda il Tirreno il blocco scatterà da Brindisi a Napoli dal 7 settembre al 6 ottobre e da Gaeta a Civitavecchia dal 14 settembre al 13 ottobre. Il 2 ottobre partirà, invece, il fermo da Livorno a Imperia mentre per Sicilia e Sardegna l’interruzione delle attività sarà, infine, fissata su indicazione delle Regioni. Come lo scorso anno – spiega Coldiretti Impresapesca Veneto – in aggiunta ai periodi di fermo fissati i pescherecci dovranno effettuare ulteriori giorni di blocco che vanno da 7 a 17 giorni a seconda della zona di pesca e del tipo di risorsa pescata.

Il fermo pesca coincide quest’anno con un momento difficile per il settore, duramente colpito dall’emergenza coronavirus con danni milionari stimati da Coldiretti Impresapesca Veneto per effetto di produzione invenduta, perdite economiche derivanti dal crollo dei prezzi e dal deprezzamento delle specie ittiche a maggior pregio non richieste dalla ristorazione, ancora alla prese con una difficile ripartenza. Se il lockdown dei mesi scorsi ha già favorito il consumo di prodotto surgelato, che in 9 casi su 10 arriva dall’estero, il fermo aumenta ulteriormente il rischio di ritrovarsi prodotto straniero nel piatto per grigliate, zuppe e fritture, soprattutto al ristorante dove il pescato viene servito già preparato, se non si tratta di quello fresco Made in Italy proveniente dalle altre zone dove non è in atto il fermo pesca, dagli allevamenti nazionali o dalla seppur limitata produzione locale dovuta alle barche delle piccola pesca che possono ugualmente operare.

Per non cadere in inganni pericolosi per la salute occorre garantire la trasparenza dell’informazione ai consumatori dal mare alla tavola estendendo l’obbligo dell’indicazione di origine anche ai menu dei ristoranti con una vera e propria ”carta del pesce’ – commenta Coldiretti Impresa Pesca Veneto – passi in avanti in questo senso sono stati fatti sull’etichettatura nei banchi di vendita, ma devono ora essere accompagnati anche dall’indicazione della data in cui il prodotto è stato pescato. Per effettuare acquisti di qualità al giusto prezzo il consiglio è dunque di verificare sul bancone l’etichetta, che per legge deve prevedere l’area di pesca (GSA).   Le provenienze sono quelle dalle GSA 9 (Mar Ligure e Tirreno), 10 (Tirreno centro meridionale), 11 (mari di Sardegna), 16 (coste meridionali della Sicilia), 17 (Adriatico settentrionale), 18 (Adriatico meridionale), 19 (Jonio occidentale), oltre che dalle attigue 7 (Golfo del Leon), 8 (Corsica) e 15 (Malta).    Ma si può anche rivolgersi alle esperienze di filiera corta per la vendita diretta del pescato che Coldiretti Impresapesca Veneto ha avviato presso la rete di Campagna Amica da Venezia a Rovigo passando per Padova.  Da sottolineare, come valida alternativa anche, la presenza nelle piazze di produttori che allevano pesce d’acqua dolce. Alcuni esempi sono presenti nel territorio di Verona e Vicenza.