Tra stanchezza, trattative di corridoio e diffidenze reciproche, il Consiglio del Veneto prova a sbloccare la riforma sanitaria dalla palude dei mille emendamenti che, da settimane, paralizzano la discussione. La maggioranza e l’opposizione si riavvicinano sul versante dell’Azienda Zero e in aula arriva il primo sì alla nuova governance “pigliatutto” che assumerà le competenze extrasanitarie delle Ulss (spesa, amministrazione, bandi, appalti, logistica, personale) con un budget annuale stimato in 8,5 miliardi.

Le Garanzie
La garanzia, chiesta e ottenuta dal gruppo del Pd, è che al “supermanager” dell’Azienda sia affiancato un contrappeso costituito dal comitato dei direttori generali delle Ulss, dotato di poteri d’indirizzo vincolanti: «Abbiamo evitato che un uomo solo al comando gestisca una mole di risorse pari a tre quarti del bilancio regionale», commenta il dem Claudio Sinigaglia; un’altra concessione – stavolta a tosiani e centristi – è il rafforzamento del raggio ispettivo del Consiglio rispetto alla Giunta («L’esecutivo non può essere controllore e controllato», le parole di Marino Zorzato); infine, ma non l’ultimo, c’è l’impegno ad introdurre tessera e fascicolo sanitari digitali a partire dal 2017.

I commenti
Tant’è: l’accoglimento di questi emendamenti, favorito dalla mediazione instancabile del capogruppo leghista Nicola Finco, ha consentito l’approvazione – a maggioranza e senza più ostruzionismo – del primo articolo che istituisce la governance, già adottata, con progetto “fotocopia” rispetto al veneto, dalla Regione Liguria retta dal forzista Toti. Giochi fatti? Non proprio. L’approvazione del primo pilastro della riforma voluta da Luca Zaia è soltanto all’inizio e l’altro caposaldo, riguardante l’accorpamento delle Ulss, è ancora in alto mare. La proposta del governatore è quella di ridurre le unità attuali da 21 a 9, una per provincia più le “enclave” concesse a Bassano e Veneto Orientale. I seguaci di Tosi chiedono invece il raddoppio delle Ulss nei bacini più popolosi, a cominciare da Verona dove però l’assessore alla sanità, Luca Coletto, ha posto il veto. Sullo sfondo, ma neanche tanto, la richiesta “irrinunciabile” del M5S; una soltanto ma pesante come il piombo: prevede l’abbandono «definitivo e non revocabile» dei project financing.

Gian Nicola Pittalis

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