La sede centrale dell'Ulss 4 - foto di repertorio
La sede centrale dell'Ulss 4 - foto di repertorio

La maggioranza sono violenze verbali che vanno dalle offese ed arrivano alle minacce di morte, ma non sono mancati gli episodi di minaccia con un coltello e in qualche caso la violenza fisica. Nell’ultimo anno sono stati 50 gli episodi di violenza avvenuti nei confronti del personale dell’Ulss 4. Il dato emerge dal sistema di monitoraggio gestito dai servizi Rischio Clinico e Prevenzione e Protezione (SPP) dell’Ulss 4, coordinati da Elena Momesso e Donato Lancellotti, in occasione della “Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari” che si celebra il 12 marzo.

Nello specifico si è trattato dunque nella quasi totalità di violenze verbali, ad iniziare dagli insulti, a cui hanno fatto seguito la messa in discussione della professionalità dell’operatore, poi apostrofato in genere con pesanti epiteti e in alcuni casi non sono mancate pure le minacce ai familiari. Gli autori di queste aggressioni sono stati pazienti e familiari di degenti. Gli episodi più frequenti si sono consumati in pronto soccorso, pediatria, nelle medicine ospedaliere, in psichiatria e nel consultorio familiare, ma non mancano le aggressioni verbali anche nei confronti del personale convenzionato come medici di famiglia e pediatri.

Nel mirino degli aggressori sono finiti indistintamente medici, infermieri, operatori socio sanitari, educatori, amministrativi a contatto con l’utenza; tuttavia le maggiori violenze hanno riguardato personale femminile, in particolare di giovane età. “Non si pensi che la violenza verbale sia trascurabile o insignificante – puntualizza Elena Momesso, responsabile del Servizio Clinico – . Le parole, le offese, gli atteggiamenti minacciosi creano frustrazioni che possono condizionare il prosieguo dell’attività, sono frustrazioni che determinano  nell’operatore la non serenità nello svolgere il proprio lavoro, che possono determinare comportamenti preventivi e limitanti la stessa attività. Condizioni che non devono verificarsi nei confronti di chi, per lavoro, si prende cura di persone deboli, fragili, che hanno bisogno di rassicurazioni e non certo di titubanze”.

Il numero delle violenze è stabile da circa 3 anni. Ogni episodio viene discusso nell’organizzazione aziendale e poi viene valutata la possibilità di procedere con denuncia alle autorità competenti.

“L’aggressione è un tipico rischio per il personale delle aziende sanitarieosserva il dottor Lancellotti – . Stiamo attuando un modello di integrazione tra SPP e Rischio Clinico,  per analizzare ogni singolo episodio, agendo  con audit tempestivi. L’obiettivo  è supportare i colleghi che segnalano o subiscono violenza e  definire  misure di prevenzione e protezione, anche in collaborazione con le autorità competenti. Certamente le restrizioni dovute alla pandemia, tra cui l’accessibilità alle strutture completamente trasformata, hanno contribuito alla manifestazione di azioni aggressive, ma queste misure erano irrinunciabili per tutelare gli ambienti di cura, gli operatori ed i degenti”.

“Condanno senza mezze misure ogni episodio di violenza nei confronti del personale Ulss 4 – aggiunge il direttore generale Mauro Filippi –. Ogni caso verrà perseguito nelle sedi competenti”.

In passato l’Ulss 4 ha fornito al proprio personale dei fischietti da utilizzarsi come dispositivo di segnalazione/allarme in caso di aggressione, nelle aree più a rischio è stata attivata la videosorveglianza. A breve il personale delle unità operative maggiormente esposte al rischio di aggressione parteciperà ad un corso di formazione con lo scopo di imparare ad individuare, a prevenire ed a gestire la violenza.