Gian Angelo Bellati, ex candidato a sindaco, prima rivale e poi – per il turno di ballottaggio – al fianco di Luigi Brugnaro, non ha intenzione di mollare l’osso del referendum, per la separazione di Venezia e Mestre, su cui si era impegnato lo stesso sindaco con un accordo firmato, oltre che dai due, anche dal segretario provinciale della Lega Nord Alberto Semenzato, il 5 giugno del 2015.

L’accordo
«C’era un accordo e non lo sta rispettando, sventolando pareri tecnici privi di peso specifico. Il sindaco dovrebbe fare una sola cosa: dare ai cittadini la possibilità di esprimersi e appoggiare il referendum». Era il punto h, e diceva: «Deve essere ricercata la celebrazione del referendum per la creazione dei Comuni di Venezia e Mestre». Bellati, che ne pensa del parere del Dipartimento Affari regionali della Presidenza del Consiglio, diffuso venerdì dal sindaco Brugnaro, che di fatto dichiara illegittimo il referendum per la separazione, perché superato dalla Legge Delrio e dall’istituzione della nuova Città metropolitana? «Penso che si tratta di un parere, neppure troppo motivato. Di pareri ce ne sono molti, e dicono cose diverse. Resta il fatto che non spetta né al sindaco né a un funzionario, se pur della presidenza del Consiglio, decidere se il referendum per la separazione del comune si può fare o meno. È una prerogativa del consiglio regionale, dove in molti si sono già espressi a favore: Lega, Movimento 5 Stelle e anche una parte del Pd».

Dubbi sulla regolarità
Che senso ha promuovere un referendum per poi scoprire che era irregolare? Non sarebbe consigliabile maggiore cautela? «Io e i promotori del referendum, che hanno raccolto 9 mila firme, siamo convinti che sia legittimo ma, è vero, ci sono posizioni diverse. Ecco perché di fronte a una richiesta che arriva dai cittadini c’è bisogno di una decisione politica da parte del sindaco, che infatti è un politico e non un tecnico. La smetta di nascondersi dietro pareri tecnici. Se poi, una volta che la Regione avrà dato il via libera, ci saranno conflitti, saranno i tribunali o la Corte costituzionale a dire chi ha ragione. Non si può congelare una richiesta democratica per il parere di un funzionario». Non è che dopo 4 referendum andati a vuoto, di cui l’ultimo nel 2003 non ha raggiunto il quorum, veneziani e mestrini si siano stancati di andare al voto? «Le cose cambiano.

L’ultima volta
L’ultima volta si è votato più di dieci anni fa e il clima in città, sia in centro storico che in terraferma, è mutato. Anche alle elezioni amministrative, o per il governo, non vincono sempre gli stessi perché le opinioni degli elettori cambiano. Il sindaco ci ha definito degli sfigati ma per il referendum sono state raccolte, lo ripeto, 9 mila firme. Tra l’altro era stato lui stesso a impegnarsi per dare la parola ai cittadini. Non era stata una semplice promessa, ma un accordo firmato. Un accordo di cui io devo rendere conto a chi mi ha sostenuto». Il tema del referendum rischia di incrinare i rapporti tra Brugnaro e la Lega Nord, che in commissione e in consiglio regionale ha una solida maggioranza. «I rapporti di Brugnaro con la Lega non sono così semplici, come si vede nel rapporto con la regione sul fronte delle competenze da delegare alla Città metropolitana. Certo che il referendum è un ulteriore tema di frizione, ma è stato Brugnaro a firmare quell’accordo, anche con la Lega Nord, alla quale ora chiede di fare una piroetta e di cambiare idea».

Gian Nicola Pittalis

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