Un fascino senza tempo e senza confini. Il ciclismo dell’antichità, la bell’epoque delle bici di un secolo fa.
Quando nel nostro Veneto pre-industriale a cavallo tra XIX e XX secolo, le due ruote a pedali (anzi, le “Bi Rote Ferree”) oltre che sport di riferimento erano l’unico mezzo di trasporto utilizzato dal 99% della gente. Ad esclusione, cioè, di quei pochi fortunati, nobili non ancora decaduti e neo-latifondisti pionieri dell’impresa agricola, che possedevano un costoso cavallo prima, e, magari, un’elitaria autovettura poi.

“Bi Rote Ferree” è dunque anche il nome dell’esclusiva e imperdibile mostra che da giovedì 1 a domenica 4 novembre abiterà il salone di Palazzo dei Trecento, in Piazza dei Signori,  raccontando con 30 introvabili esemplari questo affascinante simulacro meccanico, che nella cultura popolare veneta (ma vorrei dire italiana tout court) ha storicamente incrociato passione sportiva e necessità quotidiane meglio di qualsiasi altra creazione dell’uomo.43706334_1246170522181786_264156994263318528_n (1)

Un’esposizione di antiche biciclette che racconta un arco temporale tra il 1870 e il 1940, incorniciata per giunta da una tra le più complete collezioni di cartoline e foto storiche a livello mondiale. E poi ancora abbigliamento, cataloghi d’epoca, tesserini di ciclisti “mitologici” e tanta, tanta altra oggettistica di pregevole valore culturale.

L’ingresso è libero e gratuito, e la mostra verrà impreziosita, sabato 3 novembre alle 20.00, da uno spettacolo dello scrittore e musicista Marco Ballestracci e del maestro fisarmonicista Claudio Cecchetto. Un duetto d’eccezione, che s’intitola “Storia di Gambe” e che giunge a guarnire come la proverbiale ciliegina una torta già ricca di sapori, di odori, e soprattutto di ricordi.

Sì, perché Bi Rote Ferree, con le sue bici, i suoi cimeli, le sue emozioni riporta alla memoria un mondo che è molto più di uno sport. E’ una lunga, faticosa ma fondamentale parentesi della nostra Storia: una parentesi in cui, de facto, il popolo veneto riuscì ad uscire dalla sua cristallizzata condizione tardo-medievale per affacciarsi al moderno panorama del dopoguerra industriale. Fu lento ed estenuante come scalare una montagna in bici; ma la lunga pedalata, come sappiamo, ci valse un panorama da posizione privilegiata.