Siro Martin, presidente di Confartigianato Metropolitana di Venezia
Ristoro, ma non per tutti. Con l’ultimo Dpcm del 28 ottobre, quello famoso dei ristori, sembrava fatta; chi dovrà chiudere, limitare l’attività lavorativa o subirà danni sarà aiutato. Questo nella forma, ma nella sostanza dei numeri, secondo Confartigianato Metropolitana Venezia, le cose stanno andando diversamente: stando ai codici Ateco le aziende artigiane che verranno ristorate in provincia di Venezia saranno 559, nei fatti però, tutte quelle coinvolte nella filiera delle ristorate subiranno danni, e sono migliaia. Nella filiera che comprende le ristorate, infatti si contano oltre 3.300 imprese, e fatti due conti se saranno ristorate 559 ben oltre 2.700 imprese subiranno danno ma resteranno fuori ristoro. In pratica sarà ristorato solo il 20% di chi subirà danni e perdite. “E questa è una situazione paradossale che va’ superata e risolta con il prossimo imminente decreto ristori annunciato da Antonio Misiani, viceministro dell’Economia, per sostenere e aiutare le attività interessate dai prossimi provvedimenti restrittivi – commenta il presidente della Confartigianato Metropolitana Venezia Siro Martin –. La questione è semplice, oggi le attività lavorano in filiera, e una azienda produce per quella successiva. Se si blocca un’attività a fine filiera non è solo quella che va in difficoltà, ma l’intero settore a lei legato. Faccio un esempio semplice; se si fermano i ristoranti, vanno in crisi anche i laboratori dei panificatori che forniscono pane fresco per la ristorazione. E questo ragionamento vale in tutti i settori”.
Secondo il presidente Martin “Per i pochi che verranno ristorati rimane poi l’intera filiera che resta senza aiuti. Per quanto riguarda i nodi che hanno complicato l’attuale situazione sanitaria su tutti rimane quello del trasporto pubblico; da mesi i nostri operatori turistici che hanno flotte ferme di pullman modernissimi hanno dato la loro disponibilità per supportare il trasporto pubblico, ma non c’è stata risposta. La beffa è che invece di far rispettare con rigore le misure comportamentali per limitare le situazioni a rischio contagi e punire i comportamenti scorretti di singoli cittadini e operatori, adesso si sono fermate in modo casuale, generalizzato e incomprensibile, solo alcune attività, magari anche quelle dove c’è stata un’applicazione scrupolosa delle misure imposte dai protocolli di sicurezza dimenticandosi di tutte le aziende collegate”.
Da qui la proposta di un coinvolgimento diretto dei rappresentanti di categoria sui tavoli politici dove verranno prese, in futuro sia dai Comuni sia dalla Regione, decisioni importanti sulle eventuali prossime chiusure. “Con i Dpcm si è delegato alle Regioni e ai Comuni – prosegue Martin – la possibilità di inasprire le normative di tipo emergenziale sanitario. Nell’ipotesi che si dovesse ricorrere ad un’altra inevitabile stretta è opportuno, anzi indispensabile, che siano consultate direttamente e prima le categorie, per concordare una strategia coerente con i due obiettivi necessari che non possono essere ignorati; quello di non fermare il lavoro e quello di garantire la massima sicurezza sanitaria possibile alla gente”.