I maggiori costi dei consorzi di bonifica Adige Po e Delta del Po non devono pesare solo sugli agricoltori.
L’appello è di Confagricoltura Rovigo, alla luce dei possibili aumenti delle tariffe nel 2023: i rincari dell’energia, che pesano sui bilanci dei consorzi veneti per il 15% in più, rischiano infatti di gravare sulle tasche dei consorziati con un’impennata del 8-9%.
Una mazzata che potrebbe essere insostenibile per tante imprese, già in difficoltà a causa dei maggiori costi innescati dal conflitto russo-ucraino e da cali produttivi causati dall’eccezionale siccità estiva.
L’appello degli agricoltori
“Comprendiamo le difficoltà dei consorzi di bonifica del Veneto, che, come ha dichiarato Anbi Veneto, l’associazione che li riunisce, dovrà pagare bollette più care rispetto al 2021 – sostiene Lauro Ballani, presidente di Confagricoltura Rovigo -. Non possiamo, però, essere sempre noi agricoltori ad accollarci il peso di tutti gli aumenti, specie quando i benefici, come le attività dei consorzi, vanno a beneficio di tutta la collettività.
A livello regionale i consorzi utilizzano 5 miliardi di metri cubi di acqua, di cui metà serve per l’irrigazione delle campagne e metà per servizi ambientali ed ecosistemici, cioè l’irrigazione di parchi e verde pubblico, la riqualificazione ambientale di terreni in prossimità dei centri abitati, la fitodepurazione, il mantenimento del deflusso minimo vitale dei canali per garantire la sopravvivenza della fauna ittica.
Da anni le istituzioni riconoscono il beneficio ambientale, ma quando si tratta di aprire il portafoglio spariscono tutti. Noi diciamo che Confagricoltura e i suoi associati faranno sempre la loro parte, per garantire la sicurezza idraulica e l’irrigazione dei terreni. Ma anche gli altri, a partire dalla Regione Veneto, devono fare la loro, dando il giusto contributo per le attività a favore del territorio”.
La Regione Veneto, negli anni, ha stretto notevolmente i cordoni della borsa: nel 2010 elargiva 6,5 milioni ai consorzi veneti, mentre oggi spende appena 850.000 euro. “Venezia contribuisce ai bilanci degli undici consorzi regionali per lo 0,7% – ragiona Ballani -. Una percentuale irrisoria, se si pensa a come sarebbe il territorio veneto senza l’attività dei consorzi: canali vuoti, aree verdi seccate dal solleone estivo, percorsi per le passeggiate e il relax nel completo degrado ambientale. Queste attività, finora, sono state caricate in buona parte sui contribuenti agricoli. Noi chiediamo, invece, che si acceleri l’inserimento del fattore beneficio ambientale nel rimodulare la contribuenza agricola, già arrivata a livelli elevatissimi. Una richiesta che dev’essere accolta anche tenendo conto dei macigni che quest’anno pesano sugli agricoltori: problemi di siccità, cali produttivi che superano il 50%, maggiori costi di conduzione tra concimi, gasolio, energia. E nel conto va messa anche la decurtazione dei contributi europei del 50%, che sarà applicata dal 2023 in seguito alla riforma della politica agricola comune (Pac)”.
Regione Veneto e Stato: necessità di un intervento tempestivo
La Regione Veneto, dunque, dovrebbe mettere in cantiere contributi a carattere straordinario per far fronte ai rincari energetici, ma anche lo Stato deve fare la sua parte.
“Considerato che ora abbiamo un governo con una maggioranza solida e nel pieno delle proprie funzioni, chiediamo di ottenere un credito d’imposta del 20% sulle spese energetiche, che andrebbe a compensare così i maggiori costi. Si tratterebbe di un aiuto significativo, che andrebbe a sostegno soprattutto delle aziende ad alto consumo energivoro. Infine, a livello polesano dovremo lavorare affinché si vada al rinnovo degli incentivi relativi al fenomeno della subsidenza nel Delta del Po, che scadranno nel 2024”