Dopo l’applicazione della Direttiva Deflussi Ecologici sarà ridotta anche la produzione di energia idroelettrica e Anbi si appella alle forze politiche: “C’è grande preoccupazione in  tutta Italia. Bisogna fare presto per attivare le deroghe previste dalla direttiva quadro  acque e contemporaneamente tutelare il fiume e la biodiversità”  

“Attivare da subito le esenzioni previste dalla Direttiva Quadro Acque di fronte ad  avvalorati dati sperimentali; questo per impedire che l’applicazione del Deflusso Ecologico  dal 1 Gennaio 2022 riduca in maniera drammatica gli accumuli idrici nei bacini montani con  gravi ripercussioni per l’agricoltura, l’ambiente, il paesaggio, la produzione idroelettrica,  nonché l’indotto del turismo”: è questa la richiesta urgente di ANBI, associazione nazionale  che rappresenta e tutela i consorzi di bonifica, a Regioni e Governo, a fronte degli allarmanti dati forniti dalle sperimentazioni del Consorzio di bonifica Piave e di Enel Green Power, utilizzando il Veneto come area test, perché primo ad aver indicato dei nuovi  parametri nell’ambito del Piano di Gestione delle Acque, redatto dalla competente  Autorità di Bacino Distrettuale. 

Il concetto di Deflusso Ecologico nasce nel 2012 e mira al benessere dell’habitat acquatico,  evolvendo i parametri giudicati troppo discrezionali del precedente Minimo Deflusso  Vitale. La sua pedissequa applicazione, cioè senza considerare le complesse  interconnessioni delle reti idriche, potrà però avere conseguenze disastrose per i territori  come dimostrato dai dati presentati al recente Festival della Bonifica tenutosi a San Donà  di Piave venerdì 4 giugno, nell’ambito del convegno dove sono intervenuti come relatori il  Consorzio di bonifica Piave ed Enel Green Power. 

Alla presa idraulica di Nervesa della Battaglia, opera di derivazione del Consorzio di  bonifica Piave, fondamentale per il reticolo di corsi d’acqua che innerva la provincia di  Treviso, il volume d’acqua, rilasciata a valle, schizzerebbe da 10,2 metri cubi al secondo a  mc/sec 33,2 con indubbi benefici per l’habitat all’interno dell’alveo fluviale, ma minore  produzione di energia rinnovabile (se ne perderebbe oltre il 60%) e gravi conseguenze sull’  equilibrio degli ecosistemi, presenti nel territorio. 

E proprio dal Consorzio Piave l’appello che giunge dal direttore ing. Paolo Battagion: “È  indispensabile che, dopo l’urgenza dell’attuale approccio emergenziale, si ricerchino nuovi  equilibri fra esigenze produttive ed ambientali in aree, la cui fertilità deriva dalle scelte  idriche, operate dalla Repubblica Serenissima nel 1400; servono scelte cogenti per  destinare le cave dismesse a bacini di raccolta idrica ed è necessario efficientare il sistema  irriguo, trasformandolo da “canalette” a “reti in pressione”, sul 50% dei 51.000 ettari  attualmente serviti nel trevigiano. Per farlo occorre tempo, ma soprattutto 200 milioni di  investimento, lo stesso valore della produzione agricola che, stante le attuali norme sul Deflusso Ecologico, rischia di essere fortemente compromessa insieme a 30.000 posti di  lavoro, poiché già l’anno prossimo qui non ci sarà acqua sufficiente per irrigare”.  

Il Presidente del Consorzio Piave Amedeo Gerolimetto rincara: “Ci sono ancora 25.000 ha  da trasformare da canalette a condotta in pressione per un importo di 200.000.000 euro  di investimenti. Per affrontare questa sfida immensa stiamo preparando progetti esecutivi  che poi saranno indispensabili per intercettare finanziamenti per i lavori già dal 2021. Una  sfida e una risposta concreta al risparmio e tutela della risorsa idrica per un’irrigazione a  basso consumo e che garantisca il rispetto del prossimo Deflusso ecologico e per  raggiungere gli obiettivi che l’ambiente, il cambiamento climatico e le nuove tecnologie  impongono”. 

Secondo Enel Green Power, che ha svolto una simulazione basandosi sui dati di 11 anni, i  rilasci previsti dal Deflusso Ecologico, limitando drasticamente le riserve d’acqua  trattenute nei bacini montani, creerebbero, nel Veneto, un deficit costante nelle  disponibilità irrigue, tale da causare l’impossibilità di soddisfare i fabbisogni dell’alta  pianura trevigiana. Ma, non solo, si determinerebbe un calo di 930 gigawattora nella  produzione di energia idroelettrica nel bacino del Piave, la netta riduzione del volume  invasato nei laghi alpini, con conseguente riduzione dell’interesse turistico dell’area  montana.  

“Mettiamo i dati delle nostre sperimentazioni a servizio della politica, perché apra una  trattativa in Europa per sospendere un’applicazione del Deflusso Ecologico, che sarebbe  disastrosa per il made in Italy agroalimentare – afferma Francesco Vincenzi, Presidente  dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle  Acque Irrigue (ANBI) – La gestione idrica deve essere valutata sulla realtà delle connessioni  ambientali, ma anche economiche e sociali di ciascuno Stato e l’irrigazione collettiva  italiana è un esempio virtuoso dalle molteplici implicazioni per le comunità. È necessario  intervenire con determinazione a Bruxelles per ridiscutere l’applicazione di una normativa,  che sta destando molta preoccupazione nel nostro Paese. Al contempo, è giusto chiedersi  dove erano i rappresentanti italiani quando, dalla Direttiva Quadro Acque del 2000,  l’Unione Europea sta percorrendo strade penalizzanti i Paesi del Sud Europa, fortemente  minacciati dalle conseguenze dei cambiamenti climatici.”