Il dottor Mosè Favarato giuda l’unità dipartimentale di genetica e citogenetica
Il dottor Mosè Favarato giuda l’unità dipartimentale di genetica e citogenetica

I cento sequenziamenti in sette giorni, la mutazione interattiva in 3d nel referto, la previsione della capacità infettiva, le indicazioni sulla risposta immunitaria, vaccinale e terapeutica: è caccia alle varianti nel laboratorio di genetica e citogenetica dell’ospedale mestrino dell’Angelo. L’unità dipartimentale è in grado di tipizzare contemporaneamente cento test positivi in una settimana grazie a sei professionisti altamente specializzati e tre sequenziatori ad alta tecnologia.

“Da una decina di giorni l’Ulss 3 Serenissima ha l’incarico di ricercare in autonomia le varianti del proprio territorio e di quello di tutta la provincia veneziana – spiega il direttore generale Edgardo Contato -. Il lavoro di tipizzazione del laboratorio di Mestre è stato riconosciuto da una delibera della Regione, dopo aver affinato per un anno e mezzo la sua capacità di sequenziamento. Fin dall’inizio della pandemia il nostro laboratorio si è esercitato ininterrottamente e ora si unisce ufficialmente al prezioso lavoro dell’Istituto zooprofilattico delle Venezie”. 

Dove e quando si effettua il sequenziamento del virus

Tutto avviene nel laboratorio di genetica e citogenetica guidato da Mosè Favarato, all’interno del dipartimento di patologia clinica. Qui, come da recente indicazione della Regione Veneto, vengono sequenziati tutti i tamponi positivi del nostro territorio, rilevati con le attività di tracciamento e di screening nei numerosi punti tamponi ad accesso libero dell’azienda sanitaria. Per essere sequenziati, i tamponi devono presentare una carica virale adeguata. Il parametro, essenziale per procedere con la tipizzazione, è presente in circa due tamponi positivi su tre.

La tipizzazione fase per fase

Circa il 66% di tutti i tamponi positivi rilevati nel territorio viene allora sottoposto a tipizzazione in due macro step. Il primo è il sequenziamento parziale del gene S, che è quello che porta le mutazioni di interesse clinico. È una fase che ha uno scopo diagnostico rapido. Il secondo step è il sequenziamento del genoma completo del virus, che conferma definitivamente la presenza della variante. Questa fase è invece rilevante dal punto di vista epidemiologico e consente lo studio dell’evoluzione del virus.

“Si parte dall’Rna virale che cloniamo in cDna – racconta quello che fa ogni giorno in laboratorio Favarato -. A questo vengono sostituite le basi nucleotidiche con delle basi marcate da colorante fluorescente, che vengono separate e identificate mediante un particolare processo di elettroforesi. La sequenza così ottenuta viene confrontata rispetto alla sequenza di Wuhan, nei database specifici. In questa fase possiamo così classificare le mutazioni, mutazioni che ci permettono di identificare la variante vera e propria”. Le sequenze del virus rilevate dall’ospedale dell’Angelo di Mestre vengono comunque sempre inviate per conoscenza anche all’Istituto zooprofilattico, che mantiene un ruolo di coordinamento dell’attività di sequenziamento a livello regionale.

Quanto, chi e cosa serve per sequenziare

Il sequenziamento parziale del gene S avviene in un giorno e mezzo. Per questa fase viene utilizzato il sequenziatore ad alta tecnologia Sanger. Per completare il sequenziamento del genoma, invece, è necessario attendere altri cinque giorni, quindi una settimana in tutto. Per questo secondo step sono attivi altri due sequenziatori di tecnologia Ngs, “che permettono invece di fare un sequenziamento massivo parallelo – spiega Favarato -, più profondo, per andare ad analizzare l’intero genoma del virus”. Sette giorni in cui vengono sequenziati contemporaneamente un centinaio di tamponi positivi. Sei sono i professionisti altamente specializzati (due biologi e quattro tecnici di laboratorio) che si turnano per garantire efficienza sette giorni su sette.

Le varianti in 3d, anche nel referto

La sequenza del virus ottenuta non viene confrontata solo con la sequenza di Wuhan, “ma raffronto le mutazioni del mio campione con tutta la letteratura presente nei database internazionali” ricorda Favarato. A questo punto il laboratorio è in grado di ottenere un’immagine tridimensionale interattiva di quella particolare mutazione che ha rilevato. L’immagine viene poi allegata al referto.

L’utilità del sequenziamento anche nella cura del paziente

Non solo: a disposizione del medico che potrebbe avere in cura il soggetto portatore di variante, nel referto sono presenti alcune indicazioni o previsioni cliniche di massima sul comportamento di quel particolare tipo di mutazione, in base alle informazioni (ancora parziali) presenti nei database internazionali. Ad esempio, nel documento di laboratorio può essere specificato se gli anticorpi prodotti dal vaccino possono proteggere il soggetto anche da questa mutazione e se questa particolare mutazione può aumentare la capacità infettiva del virus.

Cos’è una variante

“Il Covid 19, come gli altri virus, presenta un mosaico di mutazioni che avvengono con molta frequenza – esemplifica il primario di Medicina di laboratorio dell’Angelo, Paolo Carraro -, ma è solo quando il mosaico causa una modifica del comportamento del virus che si può parlare di variante”.