L’EMDR è un approccio psicoterapeutico per il trattamento dei traumi che lavora e agisce sul ricordo alla base delle esperienze negative.

Dopo una o più sedute di terapia, infatti, i ricordi disturbanti si desensibilizzano, così da perdere la loro carica emotiva negativa.

EMDR: che cos’è

La sigla EMDR è l’acronimo di “Eye Movement Desensitization and Reprocessing“, ossia “Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari”. Parliamo di un approccio terapeutico ideato nel 1989 dalla psicologa americana Francine Shapiro e utilizzato per superare gravi eventi traumatici e delicati traumi personali.

Questa terapia ha minimi effetti collaterali e può essere utilizzata per trattare una molteplicità di eventi traumatici come lutti, disastri naturali, incidenti stradali, abusi o violenze.  Inoltre, è efficace anche in presenza di disturbi da stress post-traumatico e dissociativi.

Come si svolge la terapia

Questo approccio psicoterapeutico segue un protocollo standard che prevede varie fasi: definito il problema da trattare con il paziente, infatti, si procede a desensibilizzare il ricordo grazie alla stimolazione bilaterale.

Nel concreto, quindi, il soggetto esegue dei movimenti oculari specifici che favoriscono una migliore comunicazione tra gli emisferi cerebrali. Successivamente, quando l’immagine dell’evento non è più percepita come disturbante, viene effettuata una ristrutturazione cognitiva positiva fino a procedere alla chiusura dell’elaborazione del ricordo.

Efficacia di questo approccio psicoterapeutico

L’EMDR è stata riconosciuto e approvato dall’American Psychological Association (1998-2002), dall’American Psychiatric Association (2004), dall’International Society for Traumatic Stress Studies (2010) e dal Ministero della salute nel 2003.

Senza dimenticare che nel 2013 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ulteriormente confermato l’efficacia di questo trattamento nel curare il disturbo post-traumatico da stress e una molteplicità di traumi ad esso associati.